Le Ferrovie Federali Svizzere Cargo censurano il giornalista Davide Rossi. Protesta Pc

In Svizzera vietate le domande scomode

Da sinistra: il giornalista Davide Rossi e un convoglio di Ffs Cargo

CADENAZZO (Svizzera) – «Le Ferrovie Federali Svizzere Cargo prima invitano alla loro conferenza stampa, poi però vogliono leggere le domande in anticipo, censurando quelle che i loro (arroganti) addetti giudicano “tendenziose”. Il trattamento riservato al corrispondente del portale www.sinistra.ch (vicino al Partito Comunista e attivo fin dal 2010), che voleva porre delle domande sul futuro delle Officine di Bellinzona, è semplicemente scandaloso». La denuncia è del Partito Comunista della Svizzera Italiana, che solleva il caso del giornalista Davide Rossi verificatosi in occasione della conferenza stampa sul tema «Ffs Cargo oggi e Opportunità Ceneri 2020» tenuta da Andreas Mayer (Ceo delle Ffs) e Nicolas Perrin (capo di Ffs Cargo).
In un’intervista allo stesso “portale svizzero di informazione progressista”, Rossi non usa, infatti, mezzi termini: “In un quarto di secolo che giro il mondo, da New York a Pechino, da Stoccolma a Kinshasa, mi è capitato di avere risposte scortesi, ma non che mi sia impedito di porre delle domande. Mi sembra molto triste che ciò avvenga proprio in Svizzera”. Quindi, spiega di essere stato invitato il 2 agosto, come corrispondente di Sinistra.ch in Italia alla conferenza stampa di Cadenazzo sulla galleria di base del Monte Ceneri e su Ffs Cargo: “Ero il solo rappresentate della Stampa Estera Italiana, di cui sono membro. Come avevo chiarito per e-mail e per telefono, avrei partecipato a condizione di poter porre delle domande al Ceo delle Ffs Andreas Meyer, e in entrambe le circostanze ho ricevuto una risposta affermativa.
Invece, in conferenza stampa, «dopo aver ascoltato per quasi due ore trionfalistiche previsioni su viaggi Locarno-Lugano e Bellinzona-Lugano in trenta minuti, raddoppio delle merci in transito, treni più veloci e più frequenti, qualità, innovazione, progresso, futuro, … è venuto il momento delle domande è ci è stato chiesto di metterci in fila. Quando mi han chiesto quali domande volessi porre, non ho avuto problemi a presentare al signore e alla signora dell’ufficio stampa delle Ffs le due domande a cui avevamo pensato redazionalmente e che vi riporto:

Andreas Mayer, Ceo delle Ffs Cargo

La mia domanda si riferisce alle Officine di Bellinzona che sono il tema più sentito in Ticino e che riguardano Ffs Cargo. La nuova sede delle Officine a Castione appare come limitata nel senso che sarà una sorta di deposito treni dove si farà piccola manutenzione, ma senza reale sviluppo produttivo. Non vi sembra una ipotesi che impoverirà il Ticino dal lato industriale e conseguentemente da quello occupazionale? Mi riferisco al progetto del cosiddetto “Parco tecnologico” di Ffs Cargo sul sedime delle Officine di Bellinzona. In Ticino e in Mesolcina abbiamo visto zone industriali che sono in realtà un insieme di progetti fallimentari e di speculatori fiscali. Quali garanzie si possono dare per evitare che il “Parco tecnologico” non diventi una realtà come le altre? A questo punto i signori in questione hanno detto che le mie domande erano tendenziose e irricevibili, quindi non avrei potuto intervistare Meyer».
Il Partito Comunista, dal canto suo, denuncia anche che «come se non bastasse, oltre ad aver censurato delle semplici domande, gli addetti si sono presi persino la libertà di affermare che se fosse per noi “andremmo in giro ancora coi carri trainati a cavallo”. Non male se la battuta è rivolta a un giornalista legato a un Partito come il nostro che ha sempre sostenuto il trasporto pubblico e la ricerca in ambito ferroviario!».
«Premesso che la deontologia professionale di certi addetti alle relazioni pubbliche selezionati da Ffs Cargo lascia a questo punto piuttosto a desiderare, troviamo vergognoso e inaccettabile – denuncia ancora il Partito Comunista della Svizzera Italiana – che un’azienda pubblica attiva in un settore strategico dell’economia impedisca a giornalisti (peraltro da loro stessi invitati) e appartenenti a testate di sinistra e vicini alle istanze sindacali, di porre domande legittime (per quanto critiche) sul futuro del comparto industriale delle Officine di Bellinzona. Se a ciò aggiungiamo anche la velata minaccia del Ceo di Ffs di abbandonare il nostro Cantone qualora i loro progetti non fossero accolti in tempi brevi, ci troviamo di fronte a una situazione preoccupante, l’ennesima in cui dei manager strapagati, ragionano come se le ferrovie federali fossero di loro proprietà privata!». (giornalistitalia.it)

 

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