ROMA – Sulla carta lavoratrice autonoma a partita Iva, di fatto dipendente a tempo indeterminato. È una sentenza storica quella con cui la Corte di Cassazione ha ordinato di rimettere in servizio una costumista, con inquadramento nel terzo livello, e condannato la Rai a pagare un risarcimento del danno pari a circa 300mila euro, ovvero le retribuzioni non percepite dal 4 novembre 2011.
«Una sentenza – commenta il giuslavorista Vincenzo Iacovino – che può dare il via a una valanga di ricorsi, quella pronunciata dalla Cassazione, in merito alla storia lavorativa di una costumista della Rai che l’azienda aveva contrattualizzato per oltre 12 anni come lavoratrice a partita iva, simulando un tipo di rapporto di lavoro autonomo che in realtà era, invece, un vero e proprio rapporto subordinato, a tempo indeterminato».
La Cassazione ha stabilito che il suo è, in realtà, lavoro subordinato e che la Rai dovrà pagarle il giusto risarcimento dei danni per aver simulato 12 anni di contratti autonomi. «Un precedente che non passerà inosservato – sottolinea ancora l’avvocato Iacovino – alle centinaia di posizioni contrattuali simili, in essere sia nell’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo, che in altre realtà parimenti importanti».
Iacovino spiega, infatti, che «la costumista ha cominciato a lavorare in Rai nel 1991 con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato ripetuti per otto anni. Dopo il 1999 il rapporto di lavoro, pur continuando a svolgersi con le medesime modalità, veniva fittiziamente qualificato di “collaborazione autonoma” ma non aveva alcuna connotazione di lavoro autonomo, bensì conservava le stesse caratteristiche dei precedenti contratti di lavoro subordinato, seppure a tempo determinato. Tanto è vero che la lavoratrice, anche da autonoma, restava vincolata al rispetto delle disposizioni impartite dai diretti responsabili, non poteva esimersi dall’eseguire quanto le veniva richiesto e non aveva margini di autonomia ed iniziativa all’interno delle produzioni televisive ove operava; eventuali assenze per ferie dovevano essere autorizzate e non aveva in alcun modo facoltà di gestire autonomamente prestazioni e orari di lavoro. Un profilo lavorativo tipico del rapporto subordinato, in cui molti falsi “lavoratori autonomi” potranno riconoscersi».
«La donna – sottolinea Iacovino – stanca di essere ingiustamente inquadrata e di sentirsi, perciò, sfruttata e sottopagata dalla società che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo», nel 2011 si rivolgeva al Tribunale del Lavoro, rivendicando la subordinazione del rapporto e tutti i conseguenziali benefici, lavorativi, economici e previdenziali. Ma in primo grado il Tribunale di Roma, con sentenza dell’11 gennaio 2013, respingeva il ricorso.
La lavoratrice promuoveva appello e si rivolgeva allo Studio Legale Iacovino e associati. In secondo grado i giudici le davano ragione: la Corte di Appello di Roma, dopo aver accertato la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dal 20 ottobre 1999, con sentenza del 9 luglio 2018 condannava la Rai a rimettere in servizio la lavoratrice con inquadramento nel terzo livello e mansioni di costumista. La Rai era stata anche condannata a pagare un risarcimento del danno pari alle retribuzioni non percepite a decorrere dal 4 novembre 2011, ossia 300.000 euro circa.
L’azienda radiotelevisiva pubblica dava esecuzione alla sentenza ma, al solo fine di limitare i danni, decideva di ricorrere in Cassazione ritenendo applicabile il collegato al lavoro secondo il quale la lavoratrice, nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, avrebbe diritto al solo risarcimento pari a un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale.
Anche per il giudizio in Cassazione la dipendente si è fatta assistere dagli avvocati Vincenzo Iacovino e Silvio Iafigliola che, il 21 giugno 2023, hanno ottenuto l’importante pronunciamento degli ermellini che, respingendo il ricorso della Rai, non hanno ritenuto applicabile il collegato lavoro al rapporto autonomo, fattispecie a esso estranea, «accertato, invece, come lavoro di natura subordinata e a tempo indeterminato sin dall’ottobre 1999 e tuttora in atto ma camuffato da lavoro autonomo con una molteplicità di contratti di collaborazione reiterati nel tempo». (giornalistitalia.it)