ROMA – Pagine di carta resa delicata dal tempo, solcate da un inchiostro che il tempo però non è riuscito a rendere tenue; un flusso di parole che attraversa secoli e Paesi, prendendo corpo in lingue antiche; pensieri moderni espressi in latino e visioni profeticamente laiche di un futuro realizzatosi cinque secoli dopo. Libri, nient’altro che caduchi libri cento volte dati per scomparsi, oppure liquidati come inutili. Cioè: le radici della nostra civiltà. Il Senato ne ospita, in questi giorni, ben 150.
Il pensiero storico e filosofico dell’Europa contenuto in 150 libri
Sono stati raccolti da collezioni private e dalla biblioteca della Camera dei Lord di Londra, che a riguardo vanta la maggior raccolta del mondo intero. Sono un condensato del pensiero storico, filosofico, politico e economico del nostro Vecchio Continente che, 60 anni fa, a Roma celebrava la prima giornata della propria unità: la firma di quei trattati che, prendendo il nome dalla città più carica di storia tra le capitali europee, a tutte le altre indicava la strada.
I “Libri che hanno fatto l’Europa” sono ospitati nella Sala Koch, al primo piano di Palazzo Madama. Al piano terra è stato sistemato, sempre per ricordare quei Trattati, il Torso del Belvedere, simbolo dell’arte che unificava il Continente già all’Epoca del Grand Tour. Se il Torso, possente nella sua tonnellata e mezzo di marmo candido, è il momento dello stupore di fronte alla travolgente bellezza del corpo umano, i libri rappresentano le ore di meditazione in cui si distilla nella mente l’immagine del mondo come volontà e rappresentazione. In cui il domani appare più chiaro, anche se ai contemporanei sembra piuttosto tutto un vaneggiare.
Da Sant’Agostino a Marx, tutti i testi in mostra al Senato
È quello che accade all’“Alitinonfo” di Gaspare Scaruffi, il primo testo a preconizzare una moneta unica per l’Europa. Era il 1582, infuriava la rivolta delle Fiandre e la Francia viveva il marasma delle guerre di religione. Il testo più antico è “De Civitate Dei” di Sant’Agostino, uomo che prese la stanca civiltà pagana e, con il cristianesimo, seppe darle nuova linfa trasformandola nella radice del sogno europeo di questi giorni.
Seguono Tocqueville, che parlando della democrazia in America insegnò a pensare agli europei, Cesare Beccaria, Ugone Grozio che fu padre del diritto internazionale. C’è anche Karl Marx, in doppia versione de “Il Capitale”. La prima quella di Berlino, che ha esattamente un secolo e mezzo (venne pubblicata nel luglio 1867). La seconda, più elegante, quella di Parigi, cui l’Autore appose alcuni ritocchi prima di morire.
Tra gli eresiarchi materialisti anche uno Scipione Maffei, amico personale di Papa Lambertini cui il Pontefice non risparmiò l’Indice per via delle sue tesi a favore del prestito a interesse. Oggi l’arme di Benedetto XIV è impressa, in oro su rosso, nel frontespizio del suo “Dell’impiego del denaro”.
C’è anche la prima calcolatrice della storia
Dopo Keynes, Schumpeter, Hayek e Pigou, chiude il percorso Altiero Spinelli con i suoi “Problemi della Federazione Europea”, ed è chiaro che tutto nasce da lì, 70 anni fa, come tutto era finito lì, secoli dopo. Ma a stupire più di tutto è l’“Aritmometro”, marchingegno meccanografico realizzato in Francia nel 1890 su un brevetto del 1820. La prima calcolatrice della Storia. Non è un libro, ma dai libri nasce, per la precisione dai libri che conservano ancora adesso le intuizioni di Spinoza. Libri che, con quelli di Tocqueville o Keynes o Agostino di Ippona, vanno a costruire come tanti mattoni un edificio, la Casa Comune Europea, che solo l’Ignoranza oggi può immaginare, illudendosi, di poter abbattere. (agi)