TEHERAN (Iran) – Il giornalista del “Washington Post” Jason Rezaian, in carcere da nove mesi in Iran e ancora in attesa di processo, avrebbe ottenuto informazioni “economiche” e “industriali” per poi venderle a non precisate persone negli Stati Uniti.
Lo riferisce l’agenzia semi-ufficiale Fars, in un articolo in cui riporta, senza precisare la fonte, che il giornalista dovrà rispondere di spionaggio e azioni contro la sicurezza nazionale di fronte al Tribunale della rivoluzione.
Secondo l’agenzia, vicina al fronte conservatore e alle Guardie della rivoluzione, “vendere informazioni economiche e industriali in un periodo di sanzioni è come vendere cibo al nemico in periodo di guerra”.
La Fars si dilunga inoltre sulle conoscenze e le frequentazioni di Rezaian – che ha la doppia cittadinanza iraniana e americana — con altri iraniani all’estero, e in particolare con un giornalista che vive negli Usa, Omid Memarian, e che si è spesso espresso contro la detenzione del suo collega.
L’articolo è stato ripreso dal “Washington Post”, il cui direttore Martin Baron ha definito “assurda” e “frutto” di “fantasie contorte” l’accusa di spionaggio contro Rezaian.
“Ripetiamo la nostra richiesta al governo iraniano di liberare Jason – aggiunge Baron – e intanto contiamo sul suo avvocato per una difesa vigorosa”.
Intervistata dall’Ap, Leila Ahsan, che di recente ha assunto l’incarico per la difesa del giornalista, non ha voluto commentare le accuse, ma ha detto di averlo visto di recente e di averlo trovato in buona salute e con il morale alto.
“Posso vederlo in qualunque momento”, ha aggiunto dicendo di essere in contatto con la famiglia e di avere chiesto che il processo si tenga il prima possibile. (Ap/Ats)
Il giornalista del Washington Post Jason Rezaian dovrà rispondere di spionaggio