TRIESTE – Un’indagine dei Carabinieri del Noe per capire se, mentre collaborava attivamente con la Commissione parlamentare sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, Giancarlo Marocchino fosse «effettivamente dedito a svolgere attività connesse al traffico illecito di rifiuti» tra Italia e Somalia. Racconta questa storia il documento desecretato il 17 dicembre 2015, dopo 10 anni di attesa, dalla Commissione sul ciclo dei rifiuti della Camera, che riguarda da vicino l’uomo che, mai indagato, accorse per primo sul luogo del delitto a Mogadiscio, il 20 marzo 1994.
Le rilevazioni. Dal documento emerge che Marocchino, tra il maggio e il luglio del 2005, si era attivato per il reperimento di una nave da utilizzare per il trasporto di merci – tra cui anche rifiuti – dall’Italia alla Somalia. Si parla di «cemento», «motori», «camion militari» e «gomme triturate», persino di «farmaci». Nel corso di un colloquio Marocchino definisce «la fine del mondo» una nave canadese che può trasportare «carico secco rottamabile e 5.000 tonnellate di acido solforico». Mentre Giorgio Pittaluga, che aiutava Marocchino nella ricerca della nave, gli suggeriva un equipaggio composto da uomini di nazionalità ucraina: «Con i greci e i turchi – ricostruiscono i carabinieri – sarebbe più complicato lavorare mentre gli ucraini “ti venderebbero anche la moglie”, “al limite gli dai qualche bonus, qualche spicciolo…”».
Le gomme triturate. In una conversazione con Francesco Baldini dell’azienda Banfin di Livorno Marocchino discute in due occasioni dell’affare delle gomme triturate. «Qui stanno triturando delle gomme – dice il secondo al primo – che ci fanno il ciabattato, blocchi di gomma, praticamente pressata. Se avessi bisogno d’accordo, però bisogna vederci, eh, può servire per la Somalia per fare i porti».
Marocchino si mostra molto interessato all’affare, a patto però che la situazione politica in Somalia migliori per il verso giusto. «E se la cosa va tutto diciamo bene – spiega – che arrivano giù questi, questi caschi blu di africani, allora la cosa prenderebbe una grossa piega, praticamente ci sarà da cominciare là tutta la ricostruzione, allora sì che funziona». In una seconda occasione Baldini riprende l’argomento.
«Ti volevo dire – afferma – queste gomme possono diventare anche solette, mi segui? Però te sai che queste gomme a un certo punto poi andrebbero portate allo smaltimento». Marocchino tronca la telefonata: «Ti chiamo io».
Chi è Marocchino. Nato a Genova, emigrò in Somalia nel 1991 per fare l’imprenditore. Il 29 settembre 1993 fu arrestato dagli americani ed espulso da Mogadiscio per traffico di armi. Fu riammesso l’18 gennaio 1994, così il 20 marzo poté arrivare per primo sul luogo del delitto. Nel settembre 2005 aiutò la Commissione parlamentare sull’omicidio di Ilaria e Miran a rintracciare e portare in Italia il Toyota pick-up su cui si presumeva viaggiassero i due giornalisti, individuato in un garage di Mogadiscio. Un ritrovamento smentito dalle analisi disposte dalla procura di Roma sulle tracce di sangue trovate sul sedile posteriore, su cui viaggiava Ilaria: ritenute, dalla scientifica, incompatibili col Dna della giornalista.
«Mi sembra interessante capire come frequentasse alcuni ambienti. Girava per Palazzo San Macuto, da un lato era di fatto indagato dalla Commissione rifiuti (al quinto piano, ndr) poi veniva utilizzato come consulente dalla Commissione Alpi-Hrovatin (quarto piano, ndr)», commenta il presidente della Commissione d’inchiesta Alessandro Bratti (Pd). che annuncia nuove iniziative sul traffico transfrontaliero di rifiuti verso Nordafrica, Ghana, Somalia, Cina e Cuba.
I servizi. Marocchino di certo si sentiva al sicuro. Lo dice al figlio Gabriele in una telefonata del 1 giugno 2005 parlando del nuovo atteggiamento degli investigatori nei suoi confronti: «Adesso c’è il processo…e qui sono in una botte di ferro perché di fianco a me c’ho i servizi, puoi capire».
La nave. Il 25 maggio 2005, mentre Marocchino e Pittaluga cercano la nave per l’affare in Somalia tra i due c’è una telefonata singolare: «Anche se dovesse andare sotto di 500 milioni con le banche africane, facendo due o tre viaggi per la Nato, coprirebbe la spesa».
Andrea Scutellà (Il Piccolo)