TORINO – Trecentoquattro pagine per raccontare la storia della Subalpina. Il libro – “Il sindacato allo specchio: le sfide del nuovo millennio” –, pubblicato da Effedi (15 euro), è in realtà un’edizione riveduta, corretta e aggiornata.
Si tratta, infatti, della tesi di laurea di Vera Schiavazzi, giornalista di rango che, dopo l’esordio nell’ultima Gazzetta del Popolo è diventata una colonna di Repubblica. Anche se i colleghi piemontesi la ricordano soprattutto per aver fondato e diretto il master di giornalismo dell’Università di Torino.
Vera Schiavazzi è morta improvvisamente per un attacco cardiaco, lasciando un mondo di ricordi e di rimpianti. Per ricordarla, il direttivo della Subalpina, l’Associazione di Stampa del Piemonte, ha pubblicato il suo lavoro in un libro. Lavoro, quello di Vera, che, però, si fermava alle vicende degli anni antecedenti il 2000. Occorreva un restyling.
A provvedere all’aggiornamento ci hanno pensato alcuni giornalisti che hanno sfogliato i giornali, i bollettini e i comunicati degli ultimi vent’anni per ricostruire le vicende sindacali più recenti. Hanno lavorato Marco Bobbio, ex allievo del master e adesso presidente degli ex allievi, Stefanella Campana, già giornalista a Stampa Sera, Selma Chiosso delle pagine provinciali della Stampa, Roberta Pellegrini, direttore della Subalpina, Federica Frola e Sabrina Roglio, segretaria del master. A coordinare tutto questo lavoro Emmanuela Banfo, altra firma prestigiosa dell’informazione piemontese che, dopo aver girovagato fra Unità e Gazzetta del Popolo, è approdata all’Ansa come caposervizio.
Il sindacato piemontese ha una storia illustre che affonda le radici già nell’Ottocento. A fondare la Subalpina, nell’aprile del 1899, il direttore e proprietario della Stampa, Alfredo Frassati, con l’obiettivo di affermare i principi della libertà di stampa e della difesa dei diritti dell’informazione.
Tempi esaltanti, anni bui e periodi agrodolci. Con l’avvento del fascismo, l’Associazione ha sospeso l’attività per ritornare, rifondata e ricostituita, nel 1943.
Tuttavia, un passato illustre sarebbe poca cosa se non si fosse in grado di progettare il futuro. La presentazione della nuova pubblicazione del libro è stata l’occasione per tracciare un bilancio sindacale di questi ultimissimi anni. Anni complicati, per la verità.
I giornalisti, nelle redazioni, sono sottoposti a una sorta di “ricatto occupazionale”, nel senso (parole del segretario piemontese Stefano Tallia) che le redazioni sono sempre più falciadiate da pensionamenti e pre-pensionamenti. Chi resta deve occuparsi di tutto e farlo anche in fretta. In compenso i vuoti non vengono ricostituiti con contratti a tempo indeterminato ma riempiti da collaboratori che, quando va bene, sono pagati pochi euro al pezzo. Risultato? La categoria è diventata la grande proletaria e i giornalisti sono dei “proletari senza saperlo”.
Si aggiunge una sorta di insofferenza da parte del mondo politico, che mal sopporta le critiche ed è propenso a fare a meno dell’intermediazione dei professionisti. Ognuno vuole parlare direttamente al proprio pubblico attraverso i social.
Tuttavia, lamentarsi serve a poco, si sono ritrovati a riflettere i giornalisti piemontesi nel tentativo di trovare la soluzione: occorrerebbe individuare la via da percorrere per traghettare il vecchio giornalismo nel terzo millennio, ma questa prospettiva manca o sembra assai lontana.
«Occorre che il giornalismo sia di qualità – è stata la chiosa unanime dei colleghi della Subalpina – ma la qualità costa e l’ultima cosa che vogliono fare gli editori è spendere». (giornalistitalia.it)