ENNA – Erano imputati di favoreggiamento, per non aver rivelato l’identità della “fonte confidenziale” che fornì a entrambi delle notizie, ritenute riservate, sulle indagini in corso per l’omicidio di Carmelo Governale, ambulante di Piazza Armerina, ucciso il 20 ottobre 2007. Il Tribunale di Enna ha assolto con formula piena i giornalisti Josè Trovato (Il Giornale di Sicilia) e Giulia Martorana (La Sicilia).
La sentenza, emessa alle 16,09 di ieri dal giudice di Enna Giovanni Milano, ha accolto pienamente le tesi difensive, sostenute dagli avvocati Salvatore Timpanaro e Alberto Sbacchi, per Trovato, e Gianfranco D’Alessandro per Martorana. Per entrambi, in udienza, il Pm aveva chiesto 4 mesi di reclusione.
Quando i carabinieri e il sostituto procuratore Marcello Cozzolino li avevano interrogati, ai due giornalisti – che avevano fornito notizie di interesse pubblico, tra cui l’identificazione dei resti della vittima – non era stato riconosciuto il diritto di avvalersi del “segreto professionale”, in quanto giornalisti pubblicisti e non professionisti; benché avessero entrambi espresso agli inquirenti la propria ferma intenzione di mantenere riservata l’identità della propria fonte confidenziale (Trovato, in una memoria difensiva, scrisse che per lui, la riservatezza delle fonti, era una “questione d’onore”). Nonostante questo, la Procura tirò dritto e emise per entrambi un decreto di citazione a giudizio. Adesso il processo si chiude con l’assoluzione piena.
«Con viva soddisfazione prendiamo atto dell’assoluzione con la formula più piena “perché il fatto non sussiste”. Il giornalista – scrive l’avvocato Salvatore Timpanaro – non ha, quindi, commesso alcun favoreggiamento personale né ha pubblicato atti giudiziari coperti dal segreto.
Il processo ha trovato la sua origine nell’arcaicità della nostra legislazione penale che riconosce la tutela della riservatezza delle fonti giornalistiche esclusivamente ai giornalisti professionisti e non anche ai pubblicisti. La differenza di disciplina è affatto irragionevole e sul punto abbiamo sollevato una questione di legittimità costituzionale».
Josè Trovato, che nel frattempo si è iscritto nell’elenco dei giornalisti professionisti, esprime gioia per la sentenza, ma sottolinea: “Per un tema delicato come il segreto professionale è assurdo che legge non ritenga eguali giornalisti pubblicisti e professionisti. La legislazione italiana deve adeguarsi alla normativa europea e al buon senso, e cancellare la parola “professionisti” dall’articolo 200 del codice di procedura penale”.
Già nel maggio dello scorso anno, la Corte d’appello di Caltanissetta aveva assolto Giulia Martorana dal reato di favoreggiamento “perché il fatto non sussiste”, riformando una sentenza di condanna a 20 giorni di arresto emessa dal Tribunale di Enna. Anche in quel caso, la giornalista pubblicista, assistita dall’avvocato Gianfranco D’Alessandro, non aveva rivelato la propria fonte, avvalendosi del “segreto professionale”.
Assostampa e Odg Sicilia: “Sancito un principio fondamentale”
PALERMO – “C’è una buona notizia, per il mondo del giornalismo: dopo circa quattro anni il tribunale di Enna ha assolto «perché il fatto non sussiste» i colleghi Josè Trovato e Giulia Martorana, che si erano rifiutati di rivelare una loro fonte che fornì a entrambi delle notizie sulle indagini in corso per l’omicidio di Carmelo Governale, ucciso nel 2007, ed erano stati incriminati per favoreggiamento.
La sentenza del giudice Giovanni Milano sancisce in maniera chiara un principio fondamentale: anche i giornalisti pubblicisti hanno diritto al segreto professionale, che secondo la Procura si sarebbe dovuto riconoscere esclusivamente ai professionisti. In realtà, come da sempre hanno sostenuto l’Ordine e l’Associazione Siciliana della Stampa, i pubblicisti sono iscritti allo stesso albo dei professionisti e già altri giudici avevano permesso, in nome di principi sanciti a livello europeo, a tutti i giornalisti di mantenere la riservatezza sulle loro fonti.
Ordine e Assostampa esprimono grande soddisfazione per questa sentenza e, pur nel massimo rispetto delle funzioni e del ruolo della magistratura inquirente, sottolineano che questo processo, come tutti i dibattimenti che, in nome di principi giuridici assai discutibili, intendono restringere la libertà di informazione, poteva non essere celebrato, senza nessun danno per il diritto e per il mondo della giustizia.