VERCELLI – Raggiungere i 160 anni è già un traguardo invidiabile che merita una citazione di riguardo. Il Monte Rosa, settimanale della Valsesia (Vercelli) ci arriva da primo della classe come periodico più vecchio nel panorama nazionale.
E ci arriva con una storia da raccontare che si dipana intrecciandosi con le vicende nazionali, dall’unità d’Italia a oggi. Tanto da meritare l’attenzione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha mandato un messaggio per complimentarsi dei risultati raggiunti. In un contesto di innegabile difficoltà per l’informazione e, soprattutto, per la carta stampata, l’aver tenuto duro per “un secolo e sessant’anni” è una testimonianza di tenacia e – contemporaneamente – di vitalità.
Questo compleanno è stato festeggiato sabato 13 novembre, a Varallo, a Palazzo D’Adda con la presentazione di un volume che ripercorre le vicende di un giornale e di una terra cui il giornale ha dato voce.
Ad introdurre i lavori il sindaco di Varallo e presidente della provincia, Eraldo Botta, come padrone di casa. Poi: il presidente della società editrice Gianfranco Quaglia, il consigliere regionale Angelo Dago, il sindaco di Borgosesia Paolo Tiramani.
A Piera Mazzone che si è sobbarcata l’incarico (faticosissimo) di sfogliare per intero un milione di pagine di Monte Rosa (dalla nascita a oggi) il compito di raccontare una storia che ha dribblato il primo secolo di vita e si propone di sfidare il secondo.
In edicola dal 18 ottobre 1861, il Monte Rosa si è presentato ai lettori con l’ambizione di “vestire con accuratezza”, evitare errori grammaticali ed eliminare i refusi.
Gli editori di allora e la redazione erano animati dagli umori risorgimentali che incoraggiavano le speranze – e le illusioni – dei patrioti liberali. Il giornale usciva una volta la settimana – il sabato – e veniva distribuito in abbonamento agli “associati”.
Si trattò di un’intuizione e di una sfida. Immaginare una pubblicazione in Valsesia che poteva sembrare una periferia (anche abbastanza isolata) è stata una dimostrazione di coraggio.
I mezzi a disposizione erano quelli che erano e i lettori in grado di acquistare il giornale con il tempo di leggerlo non dovevano essere troppo numerosi. Ma, fin dall’inizio, i quattro fogli “formato protocollo” che uscivano dalla tipografia Colleoni hanno saputo coniugare le cronache dei “paesi finitimi” con i reportage spediti dagli Stati Uniti d’America con recensioni letterarie, informazioni sulle scoperte scientifiche e analisi politiche anche raffinate.
Certo, un cammino di alti e bassi come quando una polemica interna ha portato in edicola due Monte Rosa prodotti da un gruppo di redattori che potremmo definire “ufficiali” e da un altro di “dissidenti”. Le diatribe sulla linea politica hanno causato una scissione che ha dato vita al settimanale intitolato a “Gaudenzio Ferrari” (prima) e (poi) al “Corriere Valsesiano”.
Nel 1903, per iniziativa di monsignor Vincenzo Brunelli, la testata, da liberale che era, ha cambiato riferimenti culturali per diventare un organo di informazione d’ispirazione cattolica.
Il Monte Rosa ha affrontato le ristrettezze della prima e della seconda guerra mondiale, scontando le difficoltà per la mancanza di carta e di materia prime e le attenzioni occhiute della censura. Ha accompagnato la ricostruzione degli anni Cinquanta-Sessanta. Ha pubblicato le cronache della prima e della seconda Repubblica. Ha descritto la fine del secondo millennio e si è presentato agli albori del terzo con le rinnovate speranze che la data “tonda” sembrava promettere.
Le speranze non sono state sempre assecondate. Questi due anni di pandemia che ci ha costretti troppo spesso fra le pareti di casa hanno significato uno stop imponente alle ambizioni personali e collettive.
Ma il Monte Rosa non ha mollato e resta una “bandiera” nel panorama delle dieci testate della stampa diocesana (con l’Informatore di Borgomanero e quello di Omegna, il Sempione di Arona, il Verbano, Il Popolo dell’Ossola, L’Azione di Novara, il Cittadino di Oleggio, il Ricreo di Bellinzago, l’Eco di Gallliate). Con l’ambizione di andare avanti per sfidare il secondo secolo di vita. (giornalistitalia.it)
Lorenzo Del Boca