Oltre 500 intellettuali chiedono di indagare sugli omicidi e di punire i responsabili

Il Messico dice basta alle violenze sui giornalisti

Journalists, photographers and activists hold up pictures of photojournalist Ruben Espinosa during a protest against his murder at the Angel of Independence monument in Mexico CityCITTA’ DEL MESSICO – Oltre 500 giornalisti, scrittori, artisti, e sostenitori della libertà di espressione di tutto il mondo, con il sostegno di Pen International e Committee to Protect Journalists, hanno scritto al presidente Peña Nieto per esprimere indignazione per i continui omicidi di giornalisti in tutto il Paese. I firmatari della petizione chiedono di indagare a fondo sul recente assassinio del fotoreporter Rubén Espinosa e per offrire maggiore protezione ai nostri colleghi messicani.
Il 30 luglio il fotoreporter Rubén Espinosa è stato ucciso a Città del Messico insieme a quattro donne: una giovane attivista, due compagne di stanza e una domestica. Questo è solo l’ultimo di una lunga serie di attentati contro la stampa ed è avvenuto in una città considerata uno degli ultimi luoghi sicuri per i giornalisti nel Paese. Adesso, quindi, sembra non esser rimasto alcun rifugio sicuro per la professione.
Dal 2000 decine di giornalisti sono stati uccisi in Messico e un’altra ventina risultano scomparsi. La maggioranza di questi crimini non sono mai stati perseguiti.
Secondo la Commissione Diritti Umani del Messico ci sono prove  sul coinvolgimento di funzionari governativi in ​​molti degli attentati contro i giornalisti e gli organi di stampa. Le diffuse ed estreme minacce fisiche subite dai giornalisti in Messico hanno attirato l’attenzione di molti interessati con la libertà internazionale di espressione e libertà di stampa, tra cui Pen e Cpj, che hanno fatto una campagna per porre fine alle intimidazioni.
Rubén Espinosa, che aveva 31 anni, ha lavorato come fotografo, nello stato di Veracruz. Qualche settimana fa, è fuggito a Città del Messico dopo aver ricevuto l’ultima minaccia alla sua vita. I giornalisti di Veracruz che ricevono minacce sono spesso convinti che provengano direttamente dal governo locale.
Dal momento che l’attuale governatore di Veracruz ha preso il potere nel 2010, i giornalisti sono stati attaccati, minacciati e uccisi in un numero senza precedenti: 14 sono stati assassinati in modo atroce e tre sono scomparsi nello stesso periodo di tempo. In ciascuno di questi casi, la giustizia locale ha respinto la professione della vittima come probabile causa.
Finora, 37 dei colleghi di Rubén Espinosa a Veracruz hanno lasciato il loro lavoro, le loro case e le loro famiglie e sono fuggite a Città del Messico dopo aver ricevuto minacce. Espinosa è stato ucciso poco dopo il suo arrivo a Città del Messico.
Al presidente messicano i 500 intellettuali chiedono di porre fine alla scia di sangue: la morte di Esponosa e quella di Alejandra Negrete, Yesenia Quiroz, Nadia Vera e Mile Virgina Martin, che sono state uccise con lui, non devono rimanere impunite ed i responsabili devono essere assicurati alla giustizia.
Nel tuo paese, le statistiche sono disastrose per quanto riguarda l’impunità dei reati contro la stampa: secondo la Commissione per i diritti umani, l’89 per cento degli omicidi rimangono irrisolti. La Commissione ha dichiarato che le proprie indagini sono spesso ostacolate dalle autorità nazionali e la negligenza giudiziaria ne garantisce l’impunità.
Oggi i giornalisti in molte parti del mondo sono sotto attacco e quelli messicani, in particolare, sono in pericolo di morte. La criminalità organizzata, i funzionari governativi corrotti e un sistema giudiziario non in grado di perseguire i criminali, contribuiscono a rendere particolarmente vulnerabili i giornalisti.
Al presidente l’invito a garantire un’indagine immediata ed efficace sull’assassinio di Rubén Espinosa e su quelli dei numerosi giornalisti che in Messico hanno subìto la stessa sorte. Un’indagine approfondita sui funzionari statali e municipali che, in ogni caso, possono essere coinvolti. Inoltre, di procedere ad una revisione immediata delle procedure stabilite per proteggere la vita dei giornalisti e di impegnarsi rapidamente ed efficacemente per garantire e tutelare la libertà di espressione in Messico.
La lettera aperta indirizzata al presidente Peña Nieto è firmata, fra gli altri, dagli scrittori Salman Rushdie, Paul Auster e Margaret Atwood,  gli intellettuali Noam Chomsky ed il premio Pulitzer Alejandra Xanic Von Bertra, Christiane Amanpour, Jon lee Anderson e Arianna Huffington, l’argentino Martìn Caparros, lo spagnolo Juan Cruz, il peruviano Gustavo Gorriti, Margaret Atwood. (giornalistitalia.it)

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