ROMA – Al Messaggero si sta ripetendo un tentativo, da parte dell’Azienda, di trasferire ai giornalisti alcune delle mansioni che sono di competenza dei poligrafici e quindi regolamentate, previste e retribuite dal loro contratto nazionale. La direzione aziendale, apparentemente persuasa che la crisi economica abbia generato una “terra di nessuno” in cui è possibile agire senza regole e senza controparti, si è chiaramente prefissata l’obbiettivo di ridurre o azzerare la presenza dei tipografi sostituendoli, senza alcuna contrattazione, con quello che gli editori definiscono “personale giornalistico”.
Qui in via del Tritone, sede storica del più grande e antico giornale di Roma, non viviamo con la testa su Marte e siamo perfettamente consapevoli che le molte rivoluzioni tecnologiche di questi decenni impongono cambiamenti. Di più: esse sono un’occasione e una base sulla quale costruire un solido futuro. Ma il cambiamento è una cosa, tutt’altra la violazione delle regole, considerando che i poligrafici sono impegnati in un confronto con l’Azienda in un tavolo nazionale.
È di ieri l’ordine a voce di un cambio di mansioni, senza nessun confronto, come il Cdr a norma di contratto ha chiesto, ma addirittura senza nessuna comunicazione preventiva.
Il problema va ben al di là della singola battaglia e siamo convinti che riguardi tutto il mondo dell’informazione. A fronte dei piani sugli stati di crisi (i giornalisti del Messaggero sono a turno in cassa integrazione oppure in contratto di solidarietà) presentati al ministero del Lavoro, cioè allo Stato italiano, non si intravedono manovre di sviluppo, ma solo tagli, chiusura di redazioni regionali, tentativi di ridurre la retribuzione, attacchi ai diritti previsti dalle norme, pressioni ai colleghi più giovani tenuti sotto scacco dai contratti a termine.
L’unico proposito visibile è aumentare i ricavi riducendo i costi, senza prospettive, senza alcuna visione, senza investimenti di lungo periodo, neppure in un settore cruciale come quello dell’informazione via internet.
La questione, ne siamo certi, non riguarda solo Il Messaggero ma tutti i giornali, ed essendo i giornali uno specchio della società, riguarda questo Paese attanagliato dall’incertezza. Se coloro che costruiscono l’informazione dovessero essere piegati, condizionati, ricattati, inutilmente vessati e privati di un confronto, si aprirebbe uno scenario preoccupante per tutti. Non stiamo qui a difendere privilegi, ma non accettiamo di sottrarre il posto di lavoro ai poligrafici, che condividono con noi il lavoro nella testata storica di Roma.
Il Cdr de Il Messaggero