ROMA – I Collaboratori del Messaggero sono in stato di agitazione, «su decisione dell’Assemblea dei giornalisti non dipendenti, dopo la proposta unilaterale di essere pagati 7 euro ad articolo, con la Fnsi che sta seguendo, spalleggiando e sostenendo passo passo la battaglia».
«Sembra un fatto di poco conto, – sottolineano i collaboratori – un problema che riguarda una manciata di giornalisti e lavoratori. In realtà il problema è ben più ampio perché chi legge il quotidiano si rischia privato di una fetta di informazione locale».
La costituzione dell’Assemblea «si è resa indispensabile dopo l’invio, da parte dell’Editore, a tutti i collaboratori, di una proposta di riduzione unilaterale dei compensi con la formula del “prendere o lasciare”. Questa decurtazione – incalzano i collaboratori del Messaggero – è l’ultima di una serie iniziata più di dieci anni fa, che ora arriva in un contesto in cui i collaboratori sono pagati con importi sotto la soglia minima di dignità professionale, e soprattutto, al di fuori dei minimi tariffari previsti dagli accordi fra parti sociali».
«L’azienda – prosegue l’Assemblea – pone come termine ultimo per l’accettazione di quella che si fatica a chiamare “proposta” la data del 14 luglio 2020, ben consapevole che i collaboratori sono una componente fondamentale nella confezione del prodotto editoriale a ogni latitudine. Il giornalismo di qualità è un contributo fondamentale per arricchire il dibattito del Paese. Il lavoro di giornalisti senza diritti, senza tutele e senza garanzie non può che riflettersi sull’intera società. E alle condizioni che intende dettare unilateralmente Il Messaggero proporre un’informazione di qualità risulta impossibile. Pertanto – chiosano i collaboratori – chiediamo a cittadini e personalità della società civile di unirsi alla nostra battaglia in difesa di diritti e libertà».
«Tra una settimana – interviene la Segreteria dell’Associazione della Stampa Romana – scade il termine per il taglio del compenso ai collaboratori del Messaggero. I tagli non risparmiano il prodotto delle redazioni locali e in alcuni casi spingono i compensi al di sotto dei 10 euro. In queste condizioni parlare di informazione di qualità è solo uno slogan».
«Noi pensiamo che l’editore possa ancora cambiare verso – incalza Stampa Romana – e non arroccarsi sulle sue decisioni ma ripetiamo con forza che, esattamente come per i rider, il mondo dei non dipendenti si salva solo se fa massa critica. Fare massa critica significa orientare scelte contrattuali (una proposta ancora valida di Stampa romana è stata quella del contratto di lavoro autonomo con garanzie sui minimi tariffari, sui tempi di consegna e pagamento ecc ecc) e stabilire che ogni prestazione di lavoro non subordinato sia pagata in base all’articolo 36 della costituzione».
«Da qui l’esigenza – prosegue l’Assostampa guidata da Lazzaro Pappagallo – di avere risultati concreti dal tavolo sull’equo compenso con il ruolo della Fnsi. Non sfugge a nessuno che il tema non può essere solo la cancellazione dell’obbrobrio del demoltiplicatore di epoca Lotti – vale a dire più lavori, meno ti pago – ma anche del valore delle singole prestazioni recepito nel nostro contratto di lavoro. Quanto vale un’ora di lavoro (di qualsiasi lavoro aggiungeremo)? 9 euro? 10 euro? Allora si parta da qui, in linea con tutte le riflessioni sul tema più generale del salario garantito nel nostro paese, e si ascolti e si risponda alle domande che arrivano dall’esercito di riserva costituito dai collaboratori italiani». (giornalistitalia.it)
«Dopo la proposta unilaterale di essere pagati 7 euro a pezzo “prendere o lasciare”»