NAPOLI – C’è stato sempre un filo continuo nei tanti cambi di abito de «Il Mattino». Il filo della sua identità, che lo ha reso il quotidiano in grado di esprimere sempre Napoli e il Sud. Cambiavano le impostazioni grafiche, la qualità della carta, i corpi e i caratteri di piombo, ma restava riconoscibile la storia e l’idea di un quotidiano che due mesi fa ha compiuto 126 anni.
Quella che partirà con il numero in edicola domani sarà la nuova rivoluzione grafica de «Il Mattino». È stata annunciata e illustrata, anche con un video di Giffoni Experience, al teatro San Carlo, in occasione della serata dedicata al Premio Serao. Ha spiegato il direttore Alessandro Barbano: «La nuova veste grafica si rende necessaria per agganciare una testata storica alle esigenze estetiche in mutamento della comunicazione».
Nell’era di Internet, dell’ovunque e in nessun luogo, dei giovani abbagliati da social e smartphone, l’esigenza di chiarezza e maggiore leggibilità della stampa su carta è un obbligo. Corpi più grossi e interlinee maggiori per rendere il testo più evidente, colori diversi a caratterizzare le sezioni del giornale, titolazione più strillata nello sport, sono alcune delle modifiche immediatamente percepibili da una lettura rapida. Dice il direttore amministrativo, Massimo Garzilli: «La grafica si adegua ai tempi. L’evoluzione degli strumenti della comunicazione ne rendono necessari i continui aggiornamenti».
Dalla precedente riforma grafica in ordine di tempo, sono passati nove anni. «Il Mattino» espressione di una città, racconto di storia dell’istante. «Il Mattino» prodotto di informazione e cultura che porta sulla pelle l’impronta delle centinaia e centinaia di persone che vi hanno lavorato in 126 anni. Ognuno ha lasciato una traccia, in redazione come in tipografia, segnando l’inconfondibile identità del quotidiano. Ha detto ancora il direttore Barbano: «Questo giornale da sempre intercetta e racconta la grande bellezza del Sud. Ora c’è da giocare una nuova sfida, per rendere più godibile e più chiaro il prodotto Il Mattino».
La sfida è stato il credo comune di tutti quelli che hanno lavorato a «Il Mattino». Dagli inizi nel piccolo Vico Rotto San Carlo, che ha segnato gli anni di fine Ottocento, poi la Bella Epoque fino all’avvento del fascismo, al trasferimento, nel secondo dopoguerra, nella più grande e funzionale sede di via del Chiatamone. Fu una sfida anche quella: riunire in una sede più bella e prestigiosa, in grado di accorpare anche la rotativa e quindi di controllare meglio il prodotto finale, tutto «Il Mattino». Rivoluzione pilotata da Giovanni Ansaldo, il primo direttore del secondo dopoguerra de «Il Mattino» separato dal quotidiano «Il Risorgimento».
E in via del Chiatamone si vissero le rivoluzioni dei passaggi dal sistema tipografico a caldo, con il piombo, al freddo della fotocomposizione e dei computer. Tante copertine ricordano la storia del giornale, molte sono assai gettonate: la condanna al processo di Viterbo alla camorra nel 1911, la dichiarazione di guerra nel 1940. E poi, la famosa copertina «Fate presto» sul terremoto del 1980, partorita in via del Chiatamone come le edizioni speciali sull’omicidio Moro nel 1978 e sul primo scudetto del Napoli nel 1987, o la pagina sull’omicidio di Giancarlo Siani nel 1985. Anni, epoche, fatti in cammino. La città e il Paese. Dodici direttori dal dopoguerra, tante e tante firme.
Dal formato lenzuolo a formati più agili. Nel 1993, sotto la vigilanza di Pierpaolo Maoloni, la riforma grafica inserì il galletto sulla testata del giornale, tra «Il» e «Mattino». Un segno di identità, storica e di luoghi: il simbolo impresso sulla vetrata d’ingresso di Vico Rotto San Carlo (riprodotta al piano terra di via del Chiatamone) a segnare il marchio indelebile del giornale. La continuità e la storia, brand di un giornale che cambia abito ma resta voce della città. Napoli e il suo giornale, che ha l’obbligo e il dovere della chiarezza senza mai rinnegare la sua identità. (il mattino)
Quella che partirà con il numero in edicola domani sarà la nuova rivoluzione grafica