ROMA – La maggioranza spinge sull’acceleratore verso l’azzeramento del fondo per l’editoria, scatenando nuove polemiche dopo quelle nate dallo scontro tra Luigi Di Maio e la Repubblica. Quello che è stato da sempre un mantra del Movimento 5 Stelle, abolire i finanziamenti pubblici per i giornali, comincia a concretizzarsi in atti parlamentari.
Il vertice tra Di Maio e lo stato maggiore del Movimento si è concluso con l’indicazione di arrivare ad “un progressivo azzeramento dei finanziamenti pubblici all’editoria” e ieri pomeriggio quell’intento è stato sposato a pieno anche dalla Lega.
Una risoluzione di maggioranza al Def impegna, infatti, il governo a intervenire in vista della prossima legge di bilancio per “un graduale azzeramento a partire dal 2019 del contributo del Fondo per il pluralismo, quota del Dipartimento informazione editoria, assicurando il pluralismo dell’informazione e la
libertà di espressione”.
Il riferimento è alla parte del fondo che finanzia i giornali di cooperativa, quelli senza fini di lucro, delle associazioni dei consumatori, delle minoranze linguistiche e per i non vedenti. L’altra parte, non citata nella risoluzione, è di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico e riguarda i finanziamenti per tv e radio locali.
Il fondo, alimentato a seguito della riforma del 2016 con risorse stanziate ad hoc, con una parte del gettito del canone Rai e con un contributo di solidarietà dalla raccolta pubblicitaria di stampa e tv, ammontava lo scorso anno a circa 182 milioni, di cui 68 a disposizione del Mise e 114 del Dipartimento per l’editoria. Di questi quasi 28 milioni sono andati alla Convenzione con Rai International e circa 70 milioni a finanziare i contributi diretti all’editoria, tra anticipi e saldi. A usufruirne 54 testate: quasi 6 milioni ad Avvenire, quasi 5 milioni a Italia Oggi, 3,7 milioni a Libero Quotidiano, 3 milioni a Il Manifesto, 2,2 milioni a Il Quotidiano del Sud. Tra i beneficiari anche La Discussione, Il Foglio, L’Opinione e Il Secolo d’Italia.
Il sottosegretario all’Editoria, Vito Crimi, ha più volte fatto riferimento nelle ultime settimane alla volontà di rivedere il fondo, puntando il dito contro le distorsioni che favoriscono poche testate e mettendo nel mirino anche le agevolazioni telefoniche che ammonterebbero a circa 60 milioni di euro.
La linea della maggioranza scatena le proteste dell’opposizione. “È un attacco in piena regola alla democrazia e alla libertà dell’informazione sancita dall’art. 21 della Costituzione”, afferma il senatore Francesco Verducci (Pd). “A subire questa follia – sottolinea il collega di partito Michele Anzaldi – non saranno né i grandi giornali, che non prendono più alcun finanziamento pubblico da anni, né le grandi tv, ma le piccole pubblicazioni di quartiere”.
“Le minacce all’editoria da parte del governo appaiono soltanto una ritorsione perché si teme che un’informazione libera dica la verità sulle bugie di Di Maio, di Toninelli e degli altri somari che stanno devastando ’economia italiana”, aggiunge il senatore Maurizio Gasparri (Forza Italia). (ansa)
Il chiodo fisso di Di Maio “azzerare il fondo per l’editoria” trova sponda nella Lega