ROMA – È rientrato oggi a Roma Franco Fracassi, il giornalista fermato ieri in Ucraina, dove il reporter italiano intendeva visitare Odessa, nell’anniversario dell’incendio finito in strage in questa città del Sud dell’Ucraina, dove il 2 maggio 2014 morirono 42 persone, attivisti filo-russi, e sei manifestanti ucraini vennero uccisi a colpi d’arma da fuoco.
“Sono stato rilasciato grazie al lavoro dell’ambasciata”, ha spiegato al rientro in Italia stamane. Fracassi – che in passato ha lavorato per Avvenimenti, per l’agenzia Apbiscom e poi per il sito di informazione Popoff e oggi dirige una piccola società di produzione cinematografica – è stato bloccato ieri all’arrivo a Kiev, dove gli è stato ritirato temporaneamente il passaporto: le autorità hanno motivato con la sua attività giornalistica di posizioni molto critiche nei confronti dell’Ucraina, in particolare sul conflitto nel Donbass.
“Lei è nemico del popolo ucraino” gli è stato detto durante le ore di fermo all’aeroporto Boryspol. Alla fine Fracassi è stato rilasciato, ma data la situazione che si era creata e la tensione che accompagna l’anniversario dei fatti di Odessa, ha accettato di interrompere il viaggio e ripartire. (Askanews)
Fracassi ha cominciato la professione di reporter 27 anni fa. Allora lavorava per un settimanale che ha fatto epoca, un giornale realmente combattivo e indipendente da tutto il potere: “Avvenimenti”. Il suo primo reportage da inviato è stato il racconto della caduta del Muro di Berlino. Poi tanti altri racconti, sempre in giro per il mondo, dalla Russia al Sudafrica, dall’Estremo Oriente all’estremo nord.
Racconti di guerra dalla Bosnia, dal Kosovo, dall’Iraq, dall’Angola. Racconti di scandali politici e finanziari, racconti di eventi storici, come il G8 di Genova del 2001 o il processo all’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, racconti di luoghi sperduti, come l’Uiguristan o le miniere di diamanti al confine con il Congo.
Negli stessi anni ha scritto libri d’inchiesta sull’internazionale nera (“Quarto Reich”), sull’assassinio in Somalia dei giornalisti Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (“Ilaria Alpi”), sul saccheggio della Russia da parte del potere del presidente Boris Eltsin e della mafia (“Russiagate”) e sulla bomba nucleare iraniana (“La bomba di Allah”).
Undici anni fa Fracassi ha deciso di mollare il giornalismo scritto e di dedicarsi alla realizzazione e alla produzione di documentari d’inchiesta, fondando la società di produzione Telemaco. “Se in questo Paese si vuole fare giornalismo serio e non supino bisogna essere indipendenti. Solo così si può indagare su chiunque o su qualunque cosa liberamente”.
La nuova avventura ha portato Fracassi a cimentarsi su inchieste nazionali e internazionali. Due su tutte. “Zero – inchiesta sull’11 settembre”, il documentario italiano più visto nel mondo, con oltre 55 milioni di spettatori, e “Sangue e cemento”, l’inchiesta che ha cercato di svelare le ragioni del crollo degli edifici all’Aquila durante il terremoto, film candidato ai nastri d’argento come miglior documentario italiano.
Fermato ieri all’aeroporto di Boryspol è stato rimpatriato in Italia ed è rientrato a Roma