Non scarichiamo le responsabilità solo sulle spalle delle grandi piattaforme digitali

Il giornalismo e l’algoritmo della credibilità

Marco Pratellesi, condirettore del’Agi

Marco Pratellesi, condirettore del’Agi

Carlo Verdelli

Carlo Verdelli

ROMA – Qualche giorno fa, sabato 28 gennaio per l’esattezza, il cardinale Scola è intervenuto a Milano al tradizionale incontro con i giornalisti in occasione della festa del loro patrono, San Francesco di Sales. Tema dell’incontro: “Vero, verosimile, post-verità”.
Particolarmente interessante, chiaro e approfondito l’intervento di Carlo Verdelli sulla “Post-verità” che, a mio parere, avrebbe meritato maggiore ripresa da parte dei media perché tocca alcuni punti fondamentali per il lavoro che quotidianamente proviamo a fare in un ecosistema digitale completamente trasformato.
Tralasciando i tanti spunti che meriterebbero una riflessione (per fortuna ci sono ancora giornalisti che si preparano prima di intervenire in un dibattito), vorrei riprendere le conclusioni dell’intervento di Verdelli: “Il vero argine alla valanga delle post-verità è un’opera collettiva, realizzata facendo ciascuno la propria parte, mettendo a punto un brevetto universale da applicare ai nostri articoli, ai nostri servizi, ai nostri siti, ai nostri giornali. Darei anche un nome a questo brevetto. Lo chiamerei: l’ALGORITMO DELLA CREDIBILITA’”.
Una splendida sintesi che ha il merito di usare due parole che sono al centro dell’informazione di questi nostri tempi: gli algoritmi, fondamentali per aiutarci a operare analisi e scelte nell’era dei Big data, e la credibilità senza la quale il giornalismo perde la sua stessa ragione di essere. Purtroppo, le grandi piattaforme, da Google a Facebook, fino ad oggi hanno mostrato di essere più sensibili all’algoritmo della contabilità e del profitto rispetto a quello della credibilità. Ma non c’è alcun dubbio che, se solo volessero, sarebbero in grado di fare emergere sulle loro piattaforme la qualità dell’informazione, a scapito delle fake news, aiutandoci a distinguere quello che è vero rispetto a ciò che è falso.
Ma non possiamo scaricare le responsabilità solo sulle spalle delle grandi piattaforme digitali. Ne abbiamo anche noi. Abbiamo riempito i giornali di retroscena sulla politica dove, aperte virgolette, si citano frasi di politici, ministri e presidenti del consiglio, chiuse virgolette, attribuendole ad ambienti vicini a questo o quello, senza mai indicare la fonte. Quale credibilità può avere per i lettori una citazione virgolettata che non è stata data al giornalista, ma a qualcuno che, de relato, la riporta, quasi certamente per un proprio interesse personale? Quale credibilità può avere un virgolettato che, fino dai tempi della scuola, ci hanno insegnato deve contenere una citazione precisa, puntale e verificata?
Ora, poiché Verdelli suggerisce la necessità di “un’opera collettiva” dove ogni giornalista deve essere chiamato a “fare la propria parte”, provo a buttare giù alcuni spunti che, nell’era digitale, dovrebbero fare parte dei “metadati” di ogni articolo, di ogni servizio giornalistico credibile. In altre parole, una scheda che accompagni gli articoli rendendo trasparente il modo in cui il giornalista ha lavorato per il suo servizio.
Per ottenere questa trasparenza, senza la quale non ci può essere credibilità, i media dovrebbero indicare:
1. Firma del giornalista con relativo ruolo all’interno della redazione o con l’indicazione di collaboratore freelance;
2. Breve bio dell’autore: chi è, ultimi articoli scritti, eventuali ruoli pubblici o privati ricoperti;
3. Indicare se si tratta di: news, opinione/commento, analisi;
4. Se il giornalista è testimone oculare dei fatti;
5. Se ha scritto dal posto dove sono accaduti i fatti
6. Se il corrispondente/inviato si trova effettivamente sul posto;
7. Se la storia è ricostruita dal desk utilizzando social network, agenzie, telefono od altre fonti che devono necessariamente essere indicate;
8. Se si tratta di un lavoro originale o di una ripresa da altro media;
9. Sempre citare o riportate i link alle fonti;
10. Prevedere, almeno per il digitale, un feedback da parte dei lettori: chiaro, credibile, utile.
Ovviamente la lista potrebbe allungarsi, ma questo mi pare un punto di partenza per togliere ai social network ogni pretesto per rimandare l’algoritmo della credibilità, unico e indispensabile per rimettere il giornalismo al posto che merita. (agi)

Marco Pratellesi
Condirettore Agi

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