COSENZA – E se non fosse un caso, se la “stangata” ai giornalisti calabresi del Garantista fosse stata organizzata al dettaglio? Troppe cose, infatti, si sono mosse nel modo e nel momento esatto per pensare che si tratti di un caso. E troppi indizi portano a credere che il mezzo milione che lo Stato ha versato a Umberto De Rose, fosse frutto di un accordo interno siglato tenendo all’oscuro la grandissima parte della redazione e dei soci della cooperativa dei giornalisti indipendenti.
Ma andiamo con ordine e ricapitoliamo la storia. Dopo mesi passati senza stipendio, i giornalisti del Garantista raccolgono l’invito di cedere il proprio credito allo Stato lanciato dall’allora Ad, Andrea Cuzzocrea. Di fatto i soldi del fondo per l’editoria sarebbero serviti a saldare i debiti che la coop vantava nei confronti di giornalisti (stipendi non pagati) e fornitori (fatture non saldate). Inutile dire che il debitore numero uno era lo stampatore De Rose, come poi sia arrivato a certe cifre è una questione che stiamo appurando scandagliando nella giungla delle fatture emesse. Ma questa è un’altra storia.
Ora succede una cosa strana: sia De Rose che i giornalisti romani vengono avvertiti nel dettaglio circa la compilazione della domanda da inviare al ministero. Insomma, qualcuno dice a De Rose e ai redattori romani di portare la pratica direttamente a mano presso il ministero. Ma quel qualcuno dimentica di dirlo alla redazione calabrese. Le nostre richieste viaggiano infatti via mail. Del resto una cosa è certa: le pratiche di De Rose e dei giornalisti romani sono state compilate a Roma dallo stesso identico ufficiale giudiziario a distanza di sole 48 ore. E così l’atto notarile di De Rose e dei colleghi romani viene notificato tra il 20 e il 22 aprile 2015, mentre quello dei giornalisti calabresi il 3 giugno.
Certo, per ora si tratta solo di indizi, ma spesso, dietro un indizio si nasconde una prova…
Primo indizio: nel settembre scorso Umberto De Rose avrebbe favorito il pagamento dei 270mila euro che la coop deve all’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, sistemando così la nostra situazione contributiva. Perché lo avrebbe fatto? Per filantropia? Difficile. Lo fa perché lo Stato eroga i contributi solo alle aziende in regola con i contributi. Ma c’è qualcosa che non torna. Perché mai De Rose avrebbe versato 270mila euro sapendo che ne avrebbe incassati poco più di 250mila? No, decisamente c’è qualcosa che non torna. E c’era solo un modo per incassare quel mezzo milione: togliere di mezzo i calabresi. (Il Garantista)
I giornalisti de “Il Garantista”