ROMA – Finisce in tribunale il caso di omonimia che ha coinvolto Giuseppe Campanella, operaio forestale di Pioppo, frazione di Monreale (Palermo), e Massimo Giletti. Non è bastato neppure il chiarimento che il giornalista, conduttore de “l’Arena”, ha fatto domenica in diretta tv per convincere i familiari di Campanella a ritirare la querela, presentata nei confronti di Giletti e dei vertici della Rai per diffamazione aggravata a mezzo servizio televisivo.
Nella puntata andata in onda il 3 aprile scorso, infatti, Giletti aveva indicato l’operaio forestale – condannato per associazione mafiosa, e fin qui nessun errore, – come esponente di una ben nota famiglia mafiosa del palermitano.
Vale la pena ricordare che Giuseppe Campanella aveva concesso al programma di Rai 1 un’intervista nello spazio dedicato al progetto del Governatore Rosario Crocetta che vede il licenziamento dei forestali della Regione Sicilia condannati per gravi reati.
Nella querela presentata contro Giletti e la Rai i Campanella hanno dimostrato, certificati penali alla mano, di essere tutti incensurati e di non essere mai stati coinvolti in indagini per reati di mafia o altro.
“Devo fare una rettifica personale – ha esordito Massimo Giletti nella puntata di domenica scorsa de L’Arena di Domenica in su Rai 1 –, ho fatto un errore durante la puntata del 3 aprile mentre stavamo trattando l’argomento dei forestali siciliani. Tra i forestali ci sono persone che hanno avuto condanne pesanti passate in giudicato e tra queste persone intervistammo Giuseppe Campanella che era stato condannato per associazione mafiosa e dissi, sbagliando, che apparteneva alla famiglia Campanella, una famiglia mafiosa molto nota”.
Scuse, fatte in diretta tv al pari della clamorosa gaffe (“Lui è stato condannato, ma il padre e la madre non c’entrano nulla”, ha rimarcato Giletti scusandosi), che però non sono bastate al forestale, che è intenzionato ad andare avanti in tribunale.
“Ho ricevuto nuovamente mandato – conferma Salvino Caputo, legale della famiglia Campanella – nonostante le scuse del Giletti di proseguire nelle attività processuali. Le scuse del conduttore, oltre che tardive e a non rappresentare alcun esimente dal punto di vista della responsabilità penale, dimostrano come Giletti e i vertici della rete televisiva nazionale hanno pubblicamente formulato accuse gravissime nei confronti di soggetti incensurati senza operare quella rigorosa attività di verifica e controllo che si impone quando si lanciano accuse gravissime attraverso gli organi di informazione”.
“Il danno di immagine ha causato danni irreparabili alla nostra famiglia – dicono i familiari di Campanella – e soprattutto ai nostri figli che si sono sentiti mortificati e oltraggiati. Non c’è affermazione più grave e infamate che essere etichettati come mafiosi. È la morte civile e sociale. I nostri figli e i nostri nipoti a scuola subiscono continue mortificazioni e umiliazioni”.
Il giornalista si scusa: “Lui condannato per associazione mafiosa, non la famiglia”