ROMA – Nell’era della post-verità e delle fake news il rating reputazionale è un diritto-dovere. Il Garante della privacy l’aveva bocciato il 24 novembre 2016: il progetto per l’attribuzione di un “rating reputazionale” ad aziende, enti e persone – messo a punto dall’Associazione Mevaluate Onlus e da un gruppo di autorevoli partner tra cui Ibm, Mevaluate Holding, PwC Advisory, Rina Services – avrebbe violato le norme del Codice sulla protezione dei dati personali e inciso negativamente sulla dignità delle persone.
Con sentenza del 16 marzo 2018, il Tribunale Civile di Roma ha accolto il ricorso proposto dall’Associazione Mevaluate Onlus, assistita dallo Studio Legale Lipani Catricalà & Partners. Dunque, il progetto di realizzare la prima banca etica online della reputazione, per i soci della Mevaluate Onlus “non solo è un servizio innovativo che contribuisce a rendere maggiormente efficienti, trasparenti e sicuri i rapporti socioeconomici, ma lo fa con modalità che non ledono la privacy, la libertà e la dignità delle persone”.
La decisione del Tribunale di Roma apre, insomma, una nuova prospettiva su alcuni delicati punti-chiave finora oggetto di tutele tanto generiche quanto inconcludenti. Per cominciare dalla libertà che più individui consenzienti mettano in comune i propri dati sensibili e giudiziari per scopi non vietati al singolo dalla legge penale (art. 18 della Costituzione). Poi, che un’Associazione, cui essi aderiscono liberamente, tratti i loro dati in maniera da elaborare su ciascun individuo associato un rating reputazionale complessivo, articolato in cinque sub-rating: penale, fiscale, civile, lavoro e impegno civile, studi e formazione. Il tutto, attraverso piattaforma web; una banca-dati fatta di documenti certi e inoppugnabili aggiornati di continuo e sottoposti a controllo pubblico diffuso; e un algoritmo complesso ma semplice nella sua applicazione pratica, che consente agli associati di conoscere in maniera affidabile il grado di fiducia generale che può essere riposto in individui, imprese, istituzioni pubbliche e private aderenti all’Associazione.
Il rivoluzionario valore etico, economico e di influenza del progetto è evidente, e non è sfuggito alle parti in causa. Da un lato, una risposta alla sempre più diffusa e sentita domanda di affidabilità, di correttezza e di trasparenza, sia nei rapporti interpersonali che professionali. Da un altro, il contrasto che esso esercita nei confronti di alcuni crescenti e gravi rischi da web come le false identità e la contraffazione della reputazione, gonfiata o depressa ad arte, su misura e su ordinazione. Da un altro ancora, la possibilità di promuovere una reputazione certificata e non vantata, dandole un valore economico misurabile e spendibile. Tutte circostanze che inevitabilmente mettono Mevaluate – gestore di questo rivoluzionario progetto – al centro del villaggio globale. (giornalistitalia.it)
Fake news: il Tribunale Civile di Roma accoglie ricorso dell’Associazione Mevaluate