Il giornalismo deve rispettare le regole, ma la quotidianità dei nostri tempi azzera tutto

Il confine sempre più labile tra realtà e menzogna

Don Ettore Malnati e Andrea Bulgarelli

TRIESTE – Parlare di informazione significa anche trattare del ruolo sociale che questo settore ha anche per la democrazia. Il giornalismo deve rispettare norme e regole che, anche se non al passo con la quotidianità dei nostri tempi, pongono dei limiti. Ciò non avviene in altri ambiti con considerazioni che possono portare a vari ragionamenti come emerge dal confronto tra Andrea Bulgarelli, giornalista, comunicatore e coordinatore Figec Cisal per il Friuli Venezia Giulia e don Ettore Malnati, teologo, docente sacerdote attento ai temi della società.

Andrea Bulgarelli

La crisi dell’editoria sta portando a un impoverimento della professione. Puntare sull’online e sull’utilizzo dei social ha negli anni indebolito le redazioni e obbligato i giornalisti a dedicarsi ad attività digitali, che hanno eroso le ore di lavoro, compromettendo tutto un sistema che ora sta perdendo con continuità le copie vendute senza compensarle con la diffusione digitale.
La scelta spinta sul digitale ha comportato la chiusura di moltissime edicole, rendendo impossibile a molte persone anziane di poter acquistare uno o più quotidiani per informarsi e approfondire i temi del giorno. Da fonte Istat a fine 2022 il 16,5% della popolazione italiana (pari a 9 milioni 703 mila persone) è ricompresa nella fascia d’età tra i 70 e gli 89 anni, persone che ragionevolmente non utilizzano il digitale per approfondire i temi di cronaca e effettuare i propri approfondimenti. Certo ci sono la televisione e la radio, ma conosciamo bene quali sono i tempi e le durate dei servizi, comprendendo come l’approfondimento su una determinata informazione debba necessariamente passare attraverso un testo scritto. In particolare su carta stampata. Ma ormai in Italia le edicole – e non dimentichiamo la funzione sociale che hanno svolto e che potrebbero continuare a rivestire – si sono quasi estinte proprio perché lasciate sole, senza opportuni interventi che ne consentissero la sopravvivenza.

don Ettore Malnati

Certo il progresso ha sempre dei risvolti anche mortificanti. Nel caso dei social coloro che ovviamente “hanno fatto le spese” sono la carta stampata e il ruolo importante per la diffusione della lettura che hanno avuto ed hanno le edicole.
Il rivolgersi all’informazione fugace dei social, oltre ad aver mortificato l’approfondimento e la lettura ponderata con un doveroso confronto anche con più testate, ha creato una crisi nel campo dell’editoria e di un “pensato” critico importante per bypassare un “monopolio” informativo che spesso impedisce di cogliere risvolti importanti circa fatti e opinioni.
Ogni giorno poi constatiamo la chiusura di non poche edicole rionali, la chiusura delle quali, in mancanza di locali aggregativi diurni, offrivano opportunità di lettura non solo di cronaca.
Certo questo è da imputarsi non solo a chi è “sbarcato” con i social ma anche a noi cittadini ed alla politica che ha il dovere di garantire un equilibrio per l’informazione ed una attenzione affinché questa sia il più possibile approfondita e plurale.

Andrea Bulgarelli

A dettare l’agenda della notizia sono ormai il tweet o il post su un social media, con conseguenti cadute di credibilità con fake news nate e create solo per rincorrere la notizia, lo scoop, tralasciando spesso la capacità di valutazione e verifica tipica della professione giornalistica, che ragionevolmente richiede del tempo.

Foto fake di Donald Trump braccato dagli agenti. Opera di Eliot Higgins, fondatore
della piattaforma di giornalismo investigativo Bellingcat

Scopriamo proprio in questi giorni che attraverso l’Intelligenza Artificiale si possono creare immagini false di avvenimenti (l’esempio dell’arresto all’ex presidente degli Usa, Donald Trump, o di Papa Francesco vestito con un giubbotto bianco da trapper) in grado di innescare sequenze incredibili di fake news e disinformazione. Ma chi vigila su tutto ciò? Quali sono le sanzioni che vengono comminate a chi crea disinformazione? L’unione Europea non fa passi avanti sul disegno di legge per proteggere i cittadini europei dai rischi dell’Ia. Tutto è fermo inconsapevolmente o consapevolmente? Nel frattempo dopo la nascita di ChatGPT anche Google ha lanciato Bard, il suo chatbot basato sull’intelligenza artificiale. E mentre sta scoppiando questo tema o stesso Elon Musk, imprenditore capace di guardare molto in avanti, chiede di fermare per un periodo l’evoluzione dell’Ia.
L’amplificazione delle fake news da parte dei social è dirompente. Per fare un esempio, in queste settimane in Austria ci sono dei gruppi di minorenni che lasciano messaggi che annunciano la presenza di bombe nelle scuole, solo per poi diffonderle attraverso i social generando interventi della polizia, chiusura degli istituti e l’attivazione di procedure per la sicurezza che ogni volta costano decine di migliaia di euro. Tutto ciò fa parte di un sistema che sta scappando di mano e al quale vanno posti dei paletti normativi ben chiari.

don Ettore Malnati

Ciò che è necessario “governare” è anche l’Intelligenza Artificiale, positiva scoperta per tanti settori, ma ovviamente questa non può sostituire le caratteristiche di sensibilità e coscienza propri della persona umana.
Proprio in questo contesto socio-culturale dell’occidente la robotizzazione globale è un problema che deve essere affrontato e che non per questo deve essere demonizzato, ma appunto “governato” e utilizzato, ovviamente mai prescindendo dalla intelligenza naturale. Si tratta di una preoccupazione non da poco per vari aspetti non solo etici. Si constata che in questo nuovo campo così importante e delicato, il disegno di legge presso l’Unione Europea per proteggere da certi rischi non progredisce. Non si può non legiferare in tal senso, è troppo “invasiva” l’applicazione dell’intelligenza artificiale per lasciarla senza una adeguata attenzione normativa.

Andrea Bulgarelli

Se da un lato le testate giornalistiche devono chiaramente indicare quali sono i messaggi a pagamento, dall’altra parte la giungla dell’online e dei social non consente sempre di comprendere quando le immagini e i post che vediamo sono delle inserzioni pubblicitarie oppure no e se chi le propone è stato o meno pagato. Questa mancata trasparenza si associa alla poca efficacia della direttiva europea “ePrivacy” che stabilisce che nessun cookie o tracker può essere installato senza il consenso preventivo dell’utente, ad eccezione di quelli strettamente necessari per la funzionalità di base del sito. Ciò significa che nessun sito può posizionare alcun cookie prima del consenso dell’utente. A chi non è capitato di cercare su un motore di ricerca un determinato argomento, hotel o ristoranti senza autorizzare la tracciabilità, ma vedersi comunque proporre su Facebook o Istagram argomenti simili od offerte inerenti alle ricerche effettuate? Oppure di rifiutare la tracciabilità con la penalizzazione di non poter accedere a un determinato sito web? Sembra davvero un paradosso ma questo sistema si autogenera con algoritmi la cui “scrittura” è ignota e con nessuno che ne verifichi il rispetto della privacy e della neutralità. In particolare su Instagram apprendiamo dai media che l’Autorità delle comunicazioni ha deciso di avviare un procedimento sanzionatorio nei confronti della Rai – servizio pubblico – per pubblicità occulta riferita al Festival di Sanremo. Tutto ciò non potrebbe mai avvenire durante un telegiornale!

don Ettore Malnati

Non educare all’uso delle fake news significa trovarsi poi di fronte a pericolosi bravate, dove vengono annunciati “fantasiosi” pericoli che, oltre a fare allarmismo gridando “al lupo” mettono in agitazione le famiglie, le scuole e le stesse forze dell’ordine.
Se da un lato usando per necessità questi strumenti posso prevenire misfatti e offrire tempestivi avvisi di soccorso, dall’altra parte vi è il rovescio della medaglia come abbiamo accennato.
È più che necessario allora da parte di tutti far comprendere l’importanza del retto uso di questi mezzi ed evitare ovviamente simulazioni che danneggiano la reale sicurezza e la buona fama.
Gli adolescenti spesso sono tentati di “schiavizzare” situazioni di persone, per una “diffamazione” social che ha portato e può portare a conseguenze pericolosissime.
È dunque un reale senso civico educarci ed educare alla veridicità dei messaggi che vengono inviati facendo leva sul senso di responsabilità verso la sensibilità psicologica dei destinatari.
Vi sarebbe poi l’impegno di educare alla privacy da parte un po’ di tutti, tenendo presente l’adagio evangelico: “Non fare agli altri quello che non vorresti che gli altri facessero a te”, ma anche il fatto che ciascuno ha il diritto di essere rispettato nella sua integrità e singolarità.
Si tratta di educare al rispetto ed uscire da quella “birboneria” adolescenziale che tanto umilia ed impoverisce le relazione, così necessarie nell’età evolutiva nella sua pulita spontaneità.
Questo credo non possa mancare in un progetto educativo della scuola e degli ambienti aggregativi. Un grande ruolo lo possono svolgere oratori e campi scout. (giornalistitalia.it)

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