Il caso del medico che amputò i seni alla donna sbagliata: assolti tutti i giornalisti

Il Caffè, in Svizzera vince la libertà di stampa

Il CaffèBELLINZONA (Svizzera) – Assolti con formula piena tutti i giornalisti del domenicale Il Caffè, denunciati penalmente dalla clinica Sant’Anna di Sorengo, con l’accusa di aver messo in atto “una campagna denigratoria”, per aver sollevato, nel luglio 2014, il caso del medico Piercarlo Rey che asportò per errore entrambi i seni alla donna sbagliata.
Il direttore del giornale Lillo Alaimo (accusato di concorrenza sleale), l’allora vicedirettore Libero d’Agostino e i redattori Patrizia Guenzi e Stefano Pianca (che rispondevano di ripetuta diffamazione), assistiti dall’avvocato Luca Allidi, sono stati assolti dal giudice del Tribunale Penale di Bellinzona, Siro Quadri, che nel motivare la sentenza ha ricordato che “la stampa deve essere il cane da guardia della democrazia”.
Per il giudice Quadri, comunque, “è stato un caso non facile da risolvere. In ambito giornalistico le norme che puniscono i delitti contro l’onore devono essere interpretate secondo la Costituzione. Il comportamento del giornalista deve cioè essere analizzato in base ai diritti costituzionali, compresa la libertà di stampa”.
“Un giornale – ha spiegato Quadri – può pubblicare una notizia se il tema è di rilevanza pubblica, se viene concesso il diritto di replica, se le affermazioni delle fonti sono state verificate e se vi è urgenza di pubblicare. Una sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo precisa che il ruolo della stampa è quello del cane da guardia della democrazia. Ed è meglio che il cane qualche volta abbai per niente piuttosto che non abbai del tutto”.
“Lo scambio di paziente in una struttura svizzera è un fatto grave, quasi grottesco, come una barzelletta che non fa ridere”, ha denunciato il giudice giustificando la pubblicazione del nome della clinica e del medico. “Tali fatti – ha aggiunto – sono stati analizzati e sono state fatte le giuste domande, senza sentenziare verdetti ma ponendo al lettore delle domande puntuali. Quando la verità è emersa lo ha detto” ed i giornalisti de Il Caffè hanno riferito “fatti esistenti traendo le loro conclusioni e ponendo domande puntuali”.
Quanto all’accusa di “concorrenza sleale” contestata al direttore, il giudice Quadri ha spiegato che “la Legge in passato è stata applicata in ambito giornalistico, ma in un caso che riguardava una rivista di consumatori. Questa nozione deve essere interpretata in modo particolarmente restrittivo, come già sottolineato dal Tribunale federale. Se applichiamo questa legge alla stampa, rischiamo di non uscirne più”. (giornalistitalia.it)

I giornalisti de Il Caffè: “Parole chiare e forti su ciò che deve fare il giornalismo”

I quattro giornalisti

I quattro giornalisti del domenicale Il Caffè. Dall’alto a sinistra in senso orario i giornalisti sotto inchiesta: Lillo Alaimo, Libero D’Agostino, Stefano Pianca e Patrizia Guenzi

LOCARNO (Svizzera) – Sembra ma non solo sembra perché a ben guardare così è. Oggi le riflessioni sul giornalismo sono concentrate sulla sovrapproduzione di notizie, sulla loro sovrapposizione, tale e tanta da rendere indecifrabile e quindi manipolabile la realtà. Lo sguardo si alza, punta lontano, agli “attacchi chimici” in Siria, alla guerra al terrorismo… Fatti di estrema gravità e importanza. Ma la riflessione sul ruolo del giornalismo, specie all’interno di media, checchè se ne voglia e dica, regionali come quelli della Svizzera italiana, dovrebbe anche posarsi sul rapporto, talvolta pericolosamente incestuoso, fra stampa e poteri locali. Inevitabili relazioni professionali che possono però portare ad una grave miopia giornalistica: si vede distintamente solo ciò che ci vien messo sotto il naso. E può accadere, e accade, che per quieto vivere o timore (ormai la minaccia di querela e la denuncia stessa sono diventate un’arma di intimidazione verso la stampa) ci si limiti a “guardare” ma non a “vedere”. Fatti, cose, anomalie, conflitti di interesse, giochi di potere… agli occhi del giornalismo non sono altro che immagini lontane e indistinte sebbene nel cortile di casa. Si “vede” – solo o soprattutto – ciò che il potere (da quello politico a quello economico passando dal giudiziario) ha interesse a farci “vedere”. Ciò che ci si mette sotto il naso col timbro dell’ufficialità. E allora i giornalisti si trasformano in semplici “trascrittori” di comunicati, megafoni di questo o quel piccolo potentato.
Certamente non sempre così è ma concreto è il rischio di discettare sulle Fake news, cioè sulle bufale di regime di Trump, Assad o Putin, dimenticando per nostra serenità di giornalisti e cittadini, l’opacità che avvolge la realtà immediatamente intorno a noi. Facile dare del bugiardo a Trump da una redazione ticinese, più difficile controbattere al comunicato fosse solo del presidente del condominio dietro l’angolo del nostro ufficio.
Perché tutto questo riflettere sui fatti lontani e vicini e sul ruolo dell’informazione nel riferirne? Perché l’altro giorno un giudice, il pretore Siro Quadri, nell’aula di un tribunale – data l’importanza del tema, quello “federale” a Bellinzona – ha pronunciato parole chiare e forti su ciò che deve, sottolineiamo deve, fare il giornalismo. Una sentenza di assoluzione totale di quattro giornalisti del Caffè (gli autori di questo commento) accusati (e oltre un anno fa condannati da un decreto del procuratore Perugini) di diffamazione e concorrenza sleale. La querela era stata inoltrata dalla Clinica Sant’Anna di Sorengo. La vicenda: quella dei seni amputati per un errore di identità ad una paziente allora 67enne, era l’estate del 2014. Un incidente gravissimo, tra i più gravi che si ricordi nella sanità svizzera.
Non si può non indagare per capire come e perché sia potuta avvenire quella tragedia! Non si può non indagare per capire in quale contesto sia potuto accadere tanto! Come e perché quel chirurgo, Piercarlo Rey, responsabile penalmente, abbia potuto asportare prima un seno e poi l’altro (avrebbe invece dovuto togliere un piccolo tumore sotto ad un capezzolo) senza che scattasse alcuna misura, procedura di sicurezza!
Non si può non indagare! E infatti il giudice Quadri, in una sentenza da manuale di giornalismo, ha detto e sottolineato che l’inchiesta svolta dal Caffè è stata corretta sotto ogni punto di vista. Corretta e doverosa, ha di fatto sottolineato Siro Quadri, perché compito della stampa è quello di fare da cane da guardia alla democrazia. Cane da guardia per conto dei cittadini che hanno il sacrosanto diritto di essere compiutamente informati dalla stampa. Informati da quei cani da guardia dai quali è meglio aspettarsi che abbaino una volta di più che una volta di meno. O, aggiungiamo noi, che non abbaino affatto, trasformati in ben pasciuti cani da salotto con il collo spelacchiato da un collare. Polpettine a volontà per “vedere” solo ciò che il potere mette loro sotto il naso chiedendo di riportare fedelmente comunicati, conferenze stampa, messaggi, rapporti, interrogazioni, mozioni, interpellanze, studi di settore, interviste in realtà mai fatte… E guai, guai a interessarsi oltre, a cercare dietro l’ufficialità, la facciata marmorea di una dichiarazione fosse anche di un’inchiesta o di una sentenza penale. Guai cercare di capire dando ai cittadini-elettori gli strumenti per potersi fare un’opinione. Elencando loro semplicemente i fatti. Guai! Scatta la querela a scopo intimidatorio. Sebbene, come chiaramente dimostrato nel corso del processo al Caffè, non una riga, non una parola fra quelle pubblicate (in nove edizioni e in ognuna delle quali raccontando importanti novità, i fatti, appunto) fosse falsa o inesatta. Tutto corretto! Perché, come il giudice ha detto, di quel che era accaduto alla Sant’Anna il giornale ne sapeva quasi quanto le parti in causa.
Per chiudere e chiudere nel concreto. In una società democratica, dove esiste la libertà di opinione e di stampa, la magistratura indaga e sanziona; la stampa indaga e informa. Spetta ovviamente alla giustizia individuare le responsabilità penali. È compito della stampa capire, per conto dei cittadini, il come e il perché delle cose. Comprendere perché siano potute accadere, dando ai lettori ogni informazione possibile e corretta sui fatti.
Nel 1848, quando appunto in Europa accadde “un quarantotto”, uno storico francese diede una definizione di giornalismo: “La stampa svolge una missione estremamente utile, estremamente seria e gravosa, quella di una censura permanente sugli atti del potere”. “Censure” non è “critique”. È molto di più. E il giudice Quadri, rifacendosi così come il nostro legale, Luca Allidi, alle sentenze della Corte di Strasburgo, lo ha detto a gran voce. Come un vero “guardiano” della democrazia. (il caffè)

Lillo Alaimo
Libero D’Agostino
Patrizia Guenzi 
Stefano Pianca

LEGGI ANCHE:
Il Caffè, giornalisti a processo per una notizia vera
Il Caffè, assurdo bavaglio in Canton Ticino
Il Caffè e la concorrenza sleale applicata ai media

I commenti sono chiusi.