ROMA – Il Biscione perde dopo 11 anni una causa contro Repubblica. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite Civili della Cassazione, fissando un nuovo importante principio giuridico in tema di risarcimento derivante da un’arbitraria pubblicazione di atti o documenti di un procedimento penale coperti da segreto.
È stata così definitivamente confermata una sentenza della Corte d’Appello di Roma del 2011.
Al centro della disputa era l’articolo del compianto grande giornalista Giuseppe D’Avanzo “Ora il dovere della chiarezza”, pubblicato su “La Repubblica” del 23 marzo 2005. Ma, secondo i supremi giudici, questa notizia non ha violato la privacy, né l’art. 684 del codice penale.
L’articolo di D’Avanzo traeva spunto dall’avviso di conclusione delle indagini effettuate dalla Procura della Repubblica di Milano sulla presunta frode fiscale nella compravendita di diritti televisivi commessa dai vertici di Mediaset e dalle dichiarazioni rilasciate dall’avvocato David Mills.
In particolare si sosteneva l’arbitrarietà della pubblicazione su “Repubblica” di due frasi riprese dall’interrogatorio del legale inglese riguardanti il Presidente Silvio Berlusconi.
Ritenendo diffamatoria e illecita tale pubblicazione per violazione dell’art. 684 del codice penale e delle norme a tutela della privacy e in particolare la riservatezza sui dati sensibili, Mediaset citò in giudizio il Gruppo Editoriale L’Espresso, il direttore di “Repubblica” Ezio Mauro e Giuseppe D’Avanzo. Ma nel 2008 il tribunale civile di Roma respinse la domanda e tale decisione fu poi confermata tre anni dopo dalla Corte d’appello civile di Roma. Identico é stato ora il verdetto finale della Cassazione che ha anche condannato Mediaset al pagamento delle spese legali della controparte.
Trattandosi, però, di una questione di diritto ritenuta di particolare importanza su cui si erano registrate difformi pronunce della stessa Suprema Corte, la questione é stata decisa dalle Sezioni Unite Civili, presiedute da Giuseppe Salmé, che con un’elaborata sentenza di 22 pagine (è la n. 3727 del 25 febbraio 2016), redatte dal Consigliere Adelaide Amendola, hanno fissato il seguente principio giuridico cui si dovranno ora attenere tutti i giudici italiani: “Il reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale non coperti dal segreto, di cui all’art. 684, commi 2 e 3, del codice penale, ha natura monoffensiva, tutelando solo l’amministrazione della giustizia e non anche la reputazione e la riservatezza del soggetto sottoposto a procedimento penale, sicché la sua sola violazione non legittima un’autonoma pretesa risarcitoria, fermo l’apprezzamento della marginalità della riproduzione alla luce del principio della irrisarcibilità del danno non patrimoniale di lieve entità”.
Pierluigi Roesler Franz