TRIESTE – È stato consegnato alla psichiatria triestina, “nel ricordo di Franco Basaglia”, il 50° San Giusto d’oro, mentre la targa speciale è andata al giornalista Mario Luzzatto Fegiz. L’edizione di quest’anno del Premio, nato nel 1967 e organizzato dall’Assostampa del Friuli Venezia Giulia e dal Gruppo Giuliano Cronisti, con la collaborazione del Comune di Trieste e della Fondazione CRTrieste, è stata dedicata alla memoria di Giulio Regeni: figlio di queste terre, ricercatore universitario, ma anche appassionato autore di articoli, sequestrato, torturato e barbaramente assassinato a febbraio in Egitto, sulla cui morte ancora non si conosce la verità.
«Con questo premio alla psichiatria triestina – spiega Carlo Muscatello, presidente dell’Assostampa Fvg, – abbiamo voluto sottolineare il lavoro delle tante donne e dei tanti uomini che nei trentasei anni trascorsi dalla scomparsa di Basaglia hanno portato avanti le sue intuizioni e le sue idee. La chiusura dei manicomi seguita alla legge 180 del 1978 ha significato la restituzione della dignità e dei diritti a tutte le persone, comprese quelle soggette alla malattia e al disagio mentale, che prima di Basaglia vivevano segregate. La cosiddetta “rivoluzione basagliana” è nata qui, dopo le prime esperienze a Gorizia e a Parma. E da anni studiosi, ricercatori e addetti ai lavori arrivano da tutto il mondo a Trieste proprio per studiare sul campo l’organizzazione del locale Dipartimento di salute mentale».
«Con la targa speciale a Mario Luzzatto Fegiz – aggiunge Muscatello – diamo invece il giusto riconoscimento a un giornalista nato a Trieste, che da mezzo secolo non vive più qui, ma non ha mai dimenticato la sua città d’origine. Sul Corriere della Sera, alla radio e in televisione è diventato nel corso di una lunga carriera firma, voce e volto molto popolare: il decano dei critici musicali italiani, ma anche uomo di spettacolo, come ha dimostrato il suo spettacolo “Io odio i talent show”, visto un paio d’anni fa anche in un Rossetti tutto esaurito per l’occasione. Esattamente quarant’anni fa, il San Giusto d’oro 1976 andava a suo padre Pierpaolo Luzzatto Fegiz: economista, padre della statistica italiana, fondatore della Doxa, accademico dei Lincei. Oggi, quarant’anni dopo, la targa speciale al figlio Mario». Che, nel ricevere il riconoscimento, ci ha scherzato su: «Per misteriose ragioni, da oltre cinquant’anni – ha detto con ironia Mario Luzzatto Fegiz –, costringo il pubblico e gli artisti a confrontarsi con la mia incompetenza».
La psichiatria triestina va, così, ad aggiungersi al lungo elenco dei prestigiosi premiati del San Giusto d’Oro, dove figurano: il chirurgo Piero Valdoni (primo San Giusto d’oro nel 1967), l’archeologo Doro Levi, la pittrice Leonor Fini, il Trio di Trieste, il regista Giorgio Strehler, il medico ricercatore Brenno Babudieri, il compositore Raffaello de Banfield, il fisico Paolo Budinich, lo scienziato Giorgio Pilleri, l’economista Pierpaolo Luzzatto Fegiz, il pittore Luigi Spacal, il bioingegnere Giorgio Bugliarello, il cantante lirico Piero Cappuccilli, lo scultore Marcello Mascherini, lo storico Diego de Castro, il violinista Franco Gulli, lo stilita Ottavio Missoni, il germanista Claudio Magris, il giurista Livio Paladin, il cardiologo Fulvio Camerini, il gallerista Leo Castelli, le Assicurazioni Generali, il critico d’arte Gillo Dorfles, la stilista Mila Schon, il musicista Lelio Luttazzi, lo scrittore Giorgio Voghera, il fisico Luciano Fonda, il campione sportivo Cesare Rubini, il vicepresidente di Associated Press Claudio Erbsen, il Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico, l’architetto Boris Podrecca, l’eurobanchiere Tommaso Padoa Schioppa, Gianfranco Gutty (Generali), la cantante lirica Fedora Barbieri, La Barcolana, il presidente delle Comunità Ebraiche Amos Luzzatto, lo scrittore Boris Pahor, lo scrittore Manlio Cecovini, la stilista Raffaella Curiel, il medico Unicef Marzio Babille, la cantante lirica Daniela Barcellona, il vescovo Eugenio Ravignani, il pittore Bruno Chersicla, Illy Caffè, lo scienziato Mauro Giacca, il coro Illersberg, la scrittrice Susanna Tamaro, l’attrice Ariella Reggio e, l’anno scorso, don Mario Vatta. Riconoscimenti straordinari sono stati assegnati inoltre ai Giuliani d’Australia e all’Associazione Triestini e Goriziani in Roma.
Targhe speciali a Mario Nordio, Massimo Della Pergola, Demetrio Volcic, Lino Carpinteri e Mariano Faraguna, Mario Magajna, Tullio Kezic, Danilo Soli, Ugo Borsatti, Biancamaria Piccinino, l’anno scorso Mario Suban e ora Mario Luzzatto Fegiz.
La psichiatria triestina
Le idee, gli interrogativi, le pratiche che sostennero il lavoro di Franco Basaglia (1924-1980) avviarono una stagione di straordinari cambiamenti. Le porte aperte, la parola restituita, l’ingresso nel mondo reale animarono la paziente “lunga marcia attraverso le istituzioni” che quella impensabile apertura aveva tumultuosamente avviato.
Quando Basaglia entra per la prima volta nel manicomio di Gorizia, di fronte alla violenza e all’orrore che scopre, è costretto a chiedersi angosciato «che cos’è la psichiatria?». Da qui l’irreparabile rottura del paradigma psichiatrico, del modello manicomiale. Dopo quasi duecento anni, per la prima volta dalla sua nascita il manicomio, le culture e le pratiche della psichiatria vengono toccate alle radici. È un capovolgimento irreversibile: “il malato e non la malattia”.
I malati di mente, gli internati, i senza diritto, i soggetti deboli diventano cittadini. Entrano sulla scena con la loro singolarità, la diversità e i bisogni emergono per quello che sono, non più col filtro della malattia. “Messa tra parentesi la malattia”, si scopriva la possibilità di vedere la malattia stessa in relazione alle persone e alla loro storia. Persone che faticosamente guadagnano margini più ampi di libertà, intesa come possibilità di desiderare, di scoprire i propri sentimenti, di stare nelle relazioni. Di rientrare nel contratto sociale, di riappropriarsi della cittadinanza come condizione irrinunciabile per affrontare la fatica di attraversarla e costruire le infinite e minime declinazioni per renderla accessibile.
La legge 180 non è altro che questo. Non è più lo Stato che interna, che interdice per salvaguardare l’ordine e la morale; non più il malato di mente «pericoloso per sé e per gli altri e di pubblico scandalo», ma una persona bisognosa di cure. Un cittadino cui lo Stato deve garantire, e rendere esigibile, un fondamentale diritto costituzionale.
Cambiamenti legislativi, culturali, istituzionali hanno restituito la possibilità ai malati di mente di sperare di rimontare il corso delle proprie esistenze, perfino di guarire. Una storia di civiltà, una storia soprattutto triestina.
Mario Luzzatto Fegiz
E’ nato a Trieste nel gennaio 1947. Dopo l’esordio nel 1969 nel programma radiofonico “Per voi giovani”, si è affermato come uno dei critici musicali più noti e apprezzati del paese, come firma del Corriere della Sera, collaborando con altre testate e lavorando alla Rai, dove ha condotto per anni in televisione la trasmissione “Mister Fantasy” e alla radio “Fegiz Files”. Nella sua carriera ha anche lavorato direttamente nel campo musicale, scrivendo testi per la cantante Giuni Russo. Ha fondato una delle prime emittenti radiofoniche private italiane, Radio Milano Centrale (poi diventata Radio Popolare), e lavorato per Radio Capodistria, Radio della Svizzera italiana, Rete 105 e Radio Montecarlo. È stato direttore editoriale della collana musicale edita da Sperling & Kupfer e docente dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Milano. Ha portato a teatro lo spettacolo “Io odio i talent show”, pubblicando anche il libro omonimo. Per i suoi settant’anni, a gennaio pubblicherà l’autobiografia intitolata “Troppe zeta nel cognome”.