BRUXELLES (Belgio) – La Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj) esprime preoccupazione per le restrizioni ai giornalisti ed agli operatori dell’informazione che cercano di riferire in merito alle esplosioni all’area industriale di Tianjin in Cina che, il 12 agosto scorso, hanno causato la morte di 114 persone. Il bilancio delle vittime è, comunque, destinato ad aumentare, considerato che, oltre a 700 feriti, risultano 57 dispersi tra i quali almeno 21 vigili del fuoco.
Al governo cinese la sezione Asia-Pacifico dell’Ifj ribadisce la richiesta rivolta, il 14 agosto, al fine di garantire agli operatori dei media il libero accesso alle informazioni e la libertà di riferire quanto accaduto. Il 13 agosto, all’indomani delle esplosioni, il governo cinese ha, infatti, annunciato che tutti i media sono stati banditi da qualsiasi resoconto, analisi e trasmissione in diretta “indipendenti”, ma obbligati a riprendere solo i comunicati degli organi governativi Xinhua, Quotidiano del Popolo Online e Tianjin Nord Online.
Divieto, comunque, ignorato da numerosi organi d’informazione indipendenti, tra i quali Zhengzhou Evening, un giornale controllato dallo Stato che, per la violazione, è stato punito con la disattivazione dell’account internet per una settimana. Al momento sono almeno 360 gli account dei social media bloccati (oltre 70 in modo permanente) dall’Ufficio Statale per l’Informazione su Internet, all’indomani delle esplosioni, con l’accusa di violazione delle norme amministrative per la diffusione di notizie che, a giudizio del Governo cinese, “stavano creando un clima di terrore paragonando le esplosioni Tianjin con i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 1945”.
Nella sola giornata di Ferragosto sono stati bloccati per un mese atri 50 siti web che hanno pubblicato notizie sulle esplosioni. Di essi 18 in modo permanente ed un uomo è stato arrestato dal Dipartimento di Polizia di Tianjin con l’accusa di aver segnalato sul proprio sito un numero di morti superiore a quello ufficialmente registrato.
Quattro giornalisti di Nuova Pechino sono stati, inoltre, costretti dalla polizia a cancellare le immagini scattate con macchine fotografiche e cellulari sui luoghi degli incendi. Gli stessi agenti di polizia hanno perquisito un giornalista e controllato la memoria del suo computer alla ricerca di file fotografici nascosti.
Ma non è finita. Almeno cinque giornalisti stranieri sono stati interrotti durante la trasmissione dei loro servizi, da parte di agenti di polizia o perfetti sconosciuti persone sconosciute davanti agli ospedali nei quali sono ricoverati numerosi feriti. Gli inviati della Cnn, Will Ripley, e del New York Times, Andrew Jacobs, sono stati infatti insultati dalla folla che ha chiesto loro di cancellare i filmati registrati.
Un incidente simile è accaduto al giornalista di Cbs News, Seth Doane: un poliziotto ha usato una bottiglia di soda per coprirgli la fotocamera, mentre un altro ha tentato di trascinarlo fisicamente lontano dall’ospedale.
Infine, il 13 agosto, a China Central Television è stato bruscamente imposto, senza alcuna spiegazione, di interrompere il collegamento in diretta con una conferenza stampa nella quale veniva chiesto ai funzionari governativi di fornire risposte alle ripetute domande di un giornalista circa la distanza minima tra il magazzino chimico nel quale si è sviluppato l’incendio e la zona residenziale.
L’Ufficio Asia Pacific dell’Ifj denuncia, insomma, la ripetuta censura agli operatori dell’informazione, nonostante il ministro del Dipartimento di Propaganda di Tianjin abbia assicurato ai giornalisti che il lavoro non sarebbe stato ostacolato.
“I giornalisti – sottolinea l’Ifj – hanno il diritto di riferire in merito all’esplosione di Tianjin ed il popolo cinese ha anche il diritto a ricevere informazioni non solo fornite dai media di Stato”.
L’Ifj chiede, quindi, al governo locale e nazionale di garantire il libero accesso dei media al luogo dell’esplosione e la libertà di riferire liberamente i fatti.
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