COSENZA – Dieci anni fa sceglieva di lasciare questa terra Alessandro Bozzo, giornalista di Calabria Ora. Il “cronista di provincia” (diceva sempre che un suo ipotetico libro si sarebbe chiamato “Diario di un cronista di provincia”), oggi sarebbe uno splendido cinquantenne, sicuramente stimato da tutti i suoi colleghi così come è stato sino all’ultimo giorno della sua vita tragicamente spezzatasi il 15 marzo 2013.
Dopo la morte di Alessandro si sono dette e scritte una infinità di cose. I fatti parlano di una condanna a 4 mesi, oggi prescritta, del suo editore Pietro Citrigno per violenza privata. Per aver cambiato, in maniera peggiorativa, il suo contratto.
La vicenda processuale è nata dalle tante testimonianze rilasciate dai colleghi di Alessandro Bozzo che, convocati in Procura, fornirono fatti e documenti sulla vita lavorativa del compianto giornalista. In più, c’erano i suoi diari privati a raccontare i sentimenti di Ale verso la professione e verso gli aspetti della sua vita. Pagine che, spesso, raccontavano di delusioni professionali.
In questi dieci anni Alessandro è stato ricordato in ogni maniera. Ogni anno, ad esempio, qualche suo collega che non ha memoria corta, gli dedica anche un piccolo pensiero perché a quella “banda” di giornalisti che formava la redazione centrale di Contrada Lecco il ragazzo manca ancora.
Ai suoi colleghi Bozzo non ha lasciato solo centinaia di articoli, soprannomi, lezioni di mestiere e tanti, tanti sensi di colpa. Ha lasciato uno spirito sindacale che, chi più, chi meno, è rimasto dentro ognuno di loro.
Si deve alla sacra memoria di Alessandro, infatti, se la redazione di Calabria Ora non si fece piegare dalla richiesta di una cassa integrazione lacrime e sangue. Avevamo imparato, tutti, che nessun collega doveva rimanere indietro.
Forse si deve anche a lui il coraggio che i giornalisti, guidati da Luciano Regolo, tirarono fuori durante lo scandalo Oragate, quello del “cinghiale ferito che ammazza tutti” e del finto guasto alla rotativa. Nei giorni dell’occupazione del giornale pensavamo spesso a cosa avrebbe fatto lui. Sicuramente sarebbe stato fra gli autori di punta degli articoli più veri e duri.
Ma il collega ci ha lasciato anche una lettera che, per questi dieci anni, è come se avesse legato ognuno di noi a vincoli sacri imposti da Alessandro. Lui ci chiedeva, in sostanza, di non cercare vendette nei confronti di nessuno. Abbiamo sempre rispettato questo suo dogma anche quando la mascella serrata ha sanguinato perché cose da dire ne avremmo volute proferire. Ma Alessandro, il collega Bozzo, è sempre stato più importante e la parola data ad un amico si rispetta. Che poi, anche questo, era uno dei capisaldi del giornalista che voleva essere Roger Federer.
Alessandro ha contribuito ad accrescere in ognuno di noi la coscienza sindacale perché lui nel sindacato ci credeva. Mi ha insegnato a fidarmi dell’allora segretario del sindacato calabrese dei giornalisti Carlo Parisi di cui lui aveva molta stima e che aveva messo la tutela del contratto di Alessandro (e la revoca del suo trasferimento da Cosenza a Rossano) come sua priorità nei giorni delle trattative “selvagge” condotte dalla proprietà di Calabria Ora. Trasferimento che alla fine, con Piero Sansonetti direttore, fu scongiurato nonostante le pressioni dell’editore.
Ancora oggi, dopo 10 anni, ci sono tuoi colleghi, caro Socio, che ti chiedono scusa per non averti capito, per non averti saputo aiutare. E che ancora oggi non se lo perdonano. E non se lo perdoneranno mai. (giornalistitalia.it)
Francesco Cangemi
Quella di Alessandro è una vicenda che deve fare riflettere non soltanto noi giornalisti ma l’intera società su quello che significa il concetto di dignità umana e professionale. La dignità è il bene più prezioso che abbiamo e non si può barattare con nulla e con nessuno. Ciao Alessandro e grazie per la grande lezione di vita che hai dato a tutti noi. Ti ricorderemo per sempre.