CATANIA – “I social network sono un grande e sterile, nella sua immensità, chiacchiericcio: mi chiedo quale possa essere il significato che gli storici possono dare a intere giornate a discutere del nulla. Però è una domanda personale, e avrò la vecchiaia per rispondere a un quesito così profondo…”. Parole e (sana) riflessione di un giornalista di lungo corso quale Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere del Sera, che ha partecipato a Catania alla X edizione del Premio internazionale di giornalismo intitolato a Maria Grazia Cutuli, l’inviata del suo quotidiano uccisa, con altri tre colleghi, in un agguato in Afghanistan il 19 novembre del 2001.
“Alla fine, per la maggior parte, – ha osservato De Bortoli, incalzando sui social network e i loro utenti più incalliti – discutono di notizie e inchieste che il più delle volte nascono sui giornali di carta o online, ma soprattutto sulle testate storiche. A volte si discute di qualcosa che non si ha neppure l’umiltà di controllare. Spesse volte i nostri articoli sui social network sono degli ‘organismi geneticamente modificati’: nascono in un modo e poi, nel passaparola da telefono senza fili, assumono dimensioni diverse e a volte totalmente in opposizione a quello che era l’intento originario. Ma questo – ha concluso il direttore del Corriere della sera – è il meraviglioso mondo dei social network, dove tutti sono convinti di potere fare i giornalisti, e il guaio è che a volte pensano anche di poterlo fare, di avere un ruolo”.
Parola di Ferruccio De Bortoli, che invita ad una seria e opportuna riflessione