ROMA – “Non so se la legge verrà approvata così com’è ora, ma consentitemi un pizzico di invidia per chi verrà dopo di me, perché avrà più poteri e capacità di muoversi rispetto a quelle che ho io”. Così il direttore generale Rai, Luigi Gubitosi, pur non entrando nel merito della riforma della tv pubblica approvata dal Consiglio dei ministri ed ora in attesa di essere incardinata al Senato, interviene sul disegno di legge, auspicando “una razionalizzazione dell’azienda, che è una Spa e per questo ha bisogno di speditezza nelle decisioni”.
Gubitosi ribadisce di non aver subito mai pressioni dal governo attuale e dai precedenti e assicura che “non cercare riconferme aiuta a essere indipendenti”.
Agli elogi del manager sul rafforzamento dei poteri del vertice aziendale contenuto nella riforma, si sono contrapposti in un dibattito organizzato in occasione della presentazione del libro “Tv e culture. Milano, Italia, Europa”, i pareri negativi di tre costituzionalisti: Roberto Zaccaria, Fulco Lanchester e Stefano Merlini.
“Questo intervento che non chiamo riforma – ha sostenuto Zaccaria – parte da una visione retrospettiva piuttosto che avere uno sguardo sul futuro. Il concetto dell’indipendenza è del tutto assente, perché la governance è fondata su un accresciuto ruolo di partiti e governo. Nessuna rappresentanza è concessa alla società civile. La Commissione di Vigilanza appare sempre più come un inutile soprammobile. La Rai resta inoltre sotto la scure della privatizzazione: sembra un regime transitorio”.
Critico anche Merlini, che si è detto “indignato leggendo la norma che stabilisce che la Rai provveda all’adeguamento del proprio statuto entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge”. “Ha diritto la Rai alla propria autonomia o no? – si è chiesto il giurista – l’articolo 9 della Costituzione stabilisce che la Repubblica promuove la cultura ma non la gestisce direttamente. Purtroppo, invece, il modello della legge è quello utilizzato nelle principali istituzioni culturali”.
Ha posto l’accento sulla fonti di nomina del Cda l’altro costituzionalista Lanchester, secondo il quale con il premio di maggioranza potrebbe avvenire che i consiglieri vengano nominati tutti dalla maggioranza, oltre ai due di nomina governativa. Il problema – ha spiegato – è se questa riforma sia compatibile o meno con una democrazia pluralista.
Del futuro della Rai si parla anche nel volume presentato al Teatro Argentina e realizzato dalla Fondazione Paolo Grassi. Quanto al passato Gubitosi ha detto: “una delle cose di cui siamo contenti la presidente Tarantola ed io è il fatto di non aver trasmesso l’Isola dei famosi nonostante il successo che abbiamo visto che ha avuto su Mediaset, perché noi siamo servizio pubblico. Noi competiamo con gli altri broadcaster per portare il pubblico a vedere qualcosa di diverso” .
Il libro presentato stasera raccoglie gli atti di un convegno che si è tenuto nel 2013 a Roma sul rapporto tra tv pubblica e cultura ed uno successivo centrato sul rapporto tra la Rai e la città di Milano. A presentarlo il presidente della Fondazione Stefano Rolando e il direttore del teatro di Roma Antonio Calbi. Quest’ultimo ha ricordato che “agganciato al tema della riforma della Rai c’è tutto il sistema cultura. È importante che si discuta anche di chi produce contenuti”.
Nel dibattito moderato da Duilio Gianmaria è intervenuto anche il dirigente del Mibact, Nicola Borrelli. “Il clima di diffidenza e disaffezione nei confronti del ministero dei Beni culturali che c’era in passato da parte del governo ora non c’è più – ha sottolineato quest’ultimo – oggi lavoriamo per costruire e non per parare i tagli continui alle risorse del ministero. C’è stato un cambio di rotta per cercare un nuovo assetto dei rapporti tra broadcaster e produzione indipendente per favore la crescita del settore”. (Ansa)
Mentre il direttore generale, Luigi Gubitosi, invidia chi verrà dopo di lui...