Gli effetti della “Fortuna-Baslini” n. 898 del 1° dicembre 1970 sulla vita degli ex coniugi

I 50 anni della legge sul divorzio

Lo storico inviato Francesco Albanese con la locandina de Il Messaggero e l’appello della redazione ai lettori a votare, al referendum, “no” all’abolizione del divorzio

ROMA – Dopo infinite polemiche, dentro e fuori il Parlamento, venne approvata cinquant’anni fa la legge sul divorzio che, per la prima volta in Italia, disciplinava i casi di scioglimento del matrimonio. Fino ad allora per annullare un matrimonio concordatario vi era un’unica possibilità: ricorrere ai tribunali ecclesiastici e alla Sacra Rota.

Il Messaggero del 1 dicembre 1970

La legge sul divorzio n. 898 del 1° dicembre 1970, meglio nota come «legge Fortuna-Baslini» (dal nome dei primi firmatari del progetto in sede parlamentare, cioé il socialista Loris Fortuna e il liberale Antonio Baslini) tolse questa esclusiva alla Chiesa, ma le polemiche non si placarono tanto che fu necessario attendere i risultati del referendum del 12-13 maggio 1974 dove su 33 milioni di voti i “no” prevalsero largamente sui “sì” (59,26% contro il 40,74%).
Successivamente la legge sul divorzio ha avuto parecchie modifiche sia in Parlamento, sia per effetto di sentenze della Corte Costituzionale. Questa importante normativa regola anche gli aspetti patrimoniali conseguenti al divorzio come l’assegnazione della casa coniugale, l’assegno di divorzio, la pensione di reversibilità, nonché una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza di scioglimento del matrimonio. Tale percentuale è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

Il Messaggero del 12 maggio 1974

Si ricorda che in caso di morte del coniuge divorziato l’ex coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità se già percepiva l’assegno di divorzio. Altrimenti non ne ha diritto. Tuttavia é oggi abbastanza frequente anche il caso in cui dopo il decesso dell’ex coniuge la pensione di reversibilità debba essere ripartita tra l’ex coniuge e il nuovo coniuge. Questo compito non spetta all’Inps, né ad alcun altro ente previdenziale, come l’Inpgi, ma esclusivamente al giudice che dovrà suddividere in percentuale la quota della pensione di reversibilità tra i due – o più – pretendenti (in alcuni casi ve ne sono stati addirittura quattro), tenendo conto dell’effettivo periodo di convivenza trascorso assieme al titolare della pensione diretta che é poi deceduto. (giornalistitalia.it)

Pierluigi Roesler Franz

 

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