ROMA – “I suoi sicari lo attesero all’uscita della redazione del giornale che aveva fondato e dirigeva, I Siciliani, così, il 5 gennaio di 31 anni fa veniva assassinato dalla mafia Pippo Fava. Il suo coraggio, il suo rigore etico e professionale, la sua insopprimibile esigenza di raccontare la verità lo avevano portato a rivelare gli intrecci – fino ad allora bollati come fantasie – tra mafia, politica e affari nella sua città, Catania”. E’ quanto scrive su Facebook il presidente del Senato, Pietro Grasso, ricordando il giornalista Pippo Fava, ucciso il 5 gennaio del 1984 a Catania.
“Cosa nostra – scrive Grasso – teme l’informazione libera e chiunque possa interferire nei suoi affari, così Fava era ben presto divenuto un nemico da silenziare, «un fituso» che non meritava altro che la morte. Amava descrivere così il suo mestiere, con parole dirette e molto efficaci che mi capita spesso di citare: «Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere»”.
“In queste poche parole – ricorda Pietro Grasso – riuscì a spiegare la missione del giornalismo, uno dei più importanti presidi di libertà in una democrazia. A molti anni da quel terribile giorno il suo ricordo non si è affievolito: Pippo Fava continua a rappresentare per il mondo del giornalismo, e non solo, uno straordinario esempio di fedeltà alla propria professione, di incrollabile dedizione e di passione civile”. (Adnkronos)
Il presidente del Senato ricorda la fedeltà alla professione del direttore de “I Siciliani”