COSENZA – Margherita Buy ed Emanuele Crialese saranno gli ospiti del gran gala finale della IX edizione de “La Primavera del Cinema Italiano”, che vanta come media partner “Giornalisti Italia” e il Sindacato Giornalisti della Calabria. Sette David di Donatello, sette Nastri d’Argento, cinque Globi d’oro e tredici Ciak d’oro, la grande diva del cinema italiano arriverà sul palco del Supercinema Modernissimo di Cosenza con il regista di pellicole indimenticabili come “Respito”, “Nuovomondo” e “Terraferma”, protagonista di una conversazione sul cinema.
Domani, sabato 17 dicembre, alle ore 20.30 sul palco del Supercinema Modernissimo, è in programma infatti la cerimonia di consegna del Premio Federico II, la prestigiosa statuetta che rappresenta il rosone della Cattedrale, simbolo della storia della città di Cosenza.
Le altre star che calcheranno il red carpet saranno: Gabriele Mainetti, regista di “Lo chiamavano Jeeg robot”; Nicola Guaglianone, sceneggiatore del film di Mainetti; Stella Egitto, interprete dell’ultimo film di Pif “In guerra per amore”; Alessio Praticò, attore della serie tv “Solo”; Toni D’Angelo, regista di “Falchi”; Dario Brunori, cantautore; Larissa Volpentesta, interprete dell’ultimo videoclip degli Zero Assoluto, regia di Giacomo Triglia.
Le sei pellicole pellicole in concorso, che si contenderanno il Premio Federico II, sono tra le novità più interessanti del panorama nazionale. “Fuocoammare” di G. Rosi; “Lo chiamavano Jeeg Robot” di G. Mainetti; “Un Paese quasi perfetto” di M. Gaudioso; “Perfetti Sconosciuti” di P. Genovese, “Veloce come il vento” M. Rovere, “Gli ultimi saranno gli ultimi” di M. Bruno. A giudicare le pellicole e a decretare il vincitore dell’edizione 2016, anche quest’anno sarà il pubblico in sala, compilando apposite schede di gradimento.
Cosenza è stato lo scenario di una kermesse che si è distinta per la sua originalità nel panorama nazionale: un festival con su due comode scarpe da tennis! L’inconfondibile logo che lancia un evento fuori dagli schemi e che promuove i nuovi talenti del cinema italiano, questa volta sotto il sole del Sud.
Ad ideare la manifestazione l’Associazione culturale “Le Pleiadi”, con il suo presidente, Giuseppe Citrigno e il direttore artistico, Alessandro Russo. Progetto cofinanziato dal Por Calabria Fesr 2007/2013, progetto integrato di sviluppo regionale “Eventi culturali”.
Ieri, intanto, sul palco del cinema San Nicola di Cosenza, è stato consegnato il Premio speciale “Backstage” a Fabrizio Ferracane, interprete del film di Munzi che, nell’occasione, ha incontrato il pubblico per raccontare la sua esperienza sul set, nel corso di un dibattito moderato dalla giornalista Raffaella Salamina.
“Sentivamo che ogni azione era un momento forte, pieno. Anime nere è stato un set importante. Quando sono stato candidato ai David come miglior attore protagonista per me già essere lì era una cosa enorme”. Tradisce ancora molta emozione, Fabrizio Ferracane, quando ripercorre la sua esperienza sul set di “Anime Nere”. Protagonista (nei panni di Luciano) assieme a Marco Leonardi e Peppino Mazzotta, di una storia epica: “Non è un film sulla criminalità organizzata – spiega – lo definirei più una storia di famiglia, un racconto che affonda le sue radici in una tragedia greca”.
“Anime nere ha avuto una lunga gestazione – racconta Ferracane – è stata una produzione complessa. Munzi è un regista attento ai dettagli, un perfezionista.
All’epoca del film ho vissuto per quattro mesi tra Africo e Bianco; nei primi due mesi sono stato a contatto con gli abitanti, con la natura e già vivere quei posti mi donava qualcosa in più nel mio personaggio che era silenzioso, che aveva un mondo in conflitto nella sua testa. Abbiamo raccontato una Calabria inedita, una ’ndrangheta che il grande pubblico ha sempre sotteso, una società delinquenziale che vive nel lusso milanese ma sgozza bestie in montagna, ma è anche la storia della banalità del male derivante da uno sgarbo finito male.
Un incontro per ripercorrere il fenomeno cinematografico di “Anime nere”, film pluripremiato ai David di Donatello e con il Globo d’Oro.
Un dibattito, con il direttore artistico Alessandro Russo e il patron Giuseppe Citrigno, per riflettere su come questo film abbia influenzato il cinema italiano e l’opinione pubblica su un tema così spinoso quale la ’ndrangheta e la sua capillarità nel tessuto sociale calabrese e non solo. Ad interagire con l’attore, la platea, che ha rivolto domande sulla genesi del film e sul messaggio dell’opera.
“Luciano – ha detto ancora l’attore – è un personaggio che ho amato tantissimo, fatto di silenzi e di sguardi disperati. Ha deciso di ritirarsi in montagna, di badare alle sue capre e di non voler più avere a che fare con la violenza. Ci sono stati momenti in cui mi sono emozionato tantissimo, ad esempio quando Luciano arriva davanti al corpo del figlio ucciso, una scena indimenticabile”.
Con “Anime Nere”, insomma, Francesco Munzi ha realizzato una tragedia “greca”, di fatto calabrese, ispirandosi al romanzo omonimo di Gioacchino Criaco. Poi ci sono i suoi occhi che hanno visto la Calabria e che hanno visto tanto cinema. Pertanto, “Anime nere” non è un film di denuncia e non è un film realistico. È un film-racconto, dai forti contrasti, che sembra il frutto di una scrittura approfondita, laddove tutto vuole significare qualcosa, sempre e comunque. (giornalistitalia.it)