ROMA – Chi ha partecipato al vertice di governo tenutosi oggi a Palazzo Chigi sulla manovra racconta di uno scontro frontale sul tema dell’editoria: da una parte il Pd, Leu e Italia viva, dall’altra il Movimento 5 Stelle che – riferiscono fonti parlamentari – avrebbe mantenuto una posizione netta, oltre che sui fondi destinati a Radio Radicale, anche sugli altri fondi previsti per la carta stampata. Poi anche grazie alla mediazione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si è trovato un compromesso.
La manovra è pronta per il Parlamento e il Governo è fiducioso sul giudizio positivo di Bruxelles. La maggioranza ha trovato l’intesa definitiva, dopo altre quattro ore di vertice, al termine del quale è stato sostanzialmente confermato l’impianto, con gli ultimi nodi sciolti: il regime forfettario sulle partite Iva, i fondi per la famiglia e il taglio al cuneo fiscale che partirà da luglio e porterà “40 euro netti al mese in busta paga”, come spiega il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: “Abbiamo intenzione di mettere 6 miliardi a regime, 5 già li abbiamo messi da parte e uno intendiamo recuperarlo da una riforma fiscale più generale”. E il titolare di Via XX Settembre si sofferma anche sul meccanismo del cashback introdotto per incentivare i pagamenti elettronici: “Noi stimiamo che verranno rimborsati almeno 100-200 euro l’anno a consumatore”.
“Il meccanismo non favorisce chi spende di più, ma sarà parametrato”, ha aggiunto per poi sottolineare che “c’è un lavoro molto complesso, c’è una Task Force e il presidente del Consiglio ha fatto di questa misura anche una bandiera della manovra. Stiamo lavorando per rendere tutto questo meccanismo operativo”.
Ma è sulla partita riguardante i fondi pubblici a Radio Radicale che l’intesa tra le forze di governo ha rischiato di incagliarsi. I 24 milioni attualmente stanziati andranno a gara. È questo il punto di caduta trovato nel corso del vertice di maggioranza di stasera a Palazzo Chigi.
Il sottosegretario con delega all’Editoria, Andrea Martella, spiega infatti che “Radio Radicale proseguirà il servizio fino all’espletamento della gara”, previsto per il mese di aprile 2020: “È confermato lo stanziamento di otto milioni annui”, ha aggiunto.
Esulta il capo politico del M5s, Luigi Di Maio: “È finita la mangiatoia, i 24 milioni non ci sono più”. La “piena coesione” registrata ieri tra le forze di governo ha rischiato di infrangersi contro uno scoglio all’apparenza innocuo: i fondi pubblici per l’organo dei Radicali. Quegli otto milioni l’anno per tre anni sono indigesti al Movimento 5 Stelle e al suo capo politico.
Luigi Di Maio propone di destinare quei 24 milioni ai terremotati mentre il blog delle Stelle lancia un sondaggio fra gli iscritti definendo il provvedimento “una porcata”. Un ostacolo sulla strada che porta la legge di bilancio al Parlamento. Una strada che sembrava ormai in discesa, come da Tweet del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: “In questa manovra ci saranno meno tasse, meno burocrazia, meno evasione fiscale. Il Paese riparte con più soldi per famiglie, lavoratori e imprese”.
Quella di Radio Radicale è una vicenda che si trascina dal Conte I, quando il Movimento 5 Stelle sollevò il tema dei finanziamenti alla radio del Partito Radicale. Ne nacque una lunga querelle che vedeva i Cinque Stelle contrapposti al Pd. Per questo il deputato dem Filippo Sensi vede riemergere “il riflesso pavloviano contro Radio Radicale in casa M5S. Si tratta – aggiunge – di democrazia, di pluralismo e diritto all’informazione. Abbiamo vinto questa battaglia quando eravamo all’opposizione; non vorrei tornare a combatterla adesso che siamo maggioranza. Abbiamo già dato”.
Il presidente dei senatori Pd, Andrea Marcucci, si rivolge direttamente a Di Maio: “Radio Radicale è viva, il M5s che voleva chiuderla ha già perso. Di Maio se ne faccia una ragione”. Il tema è planato sul tavolo di Palazzo Chigi, dove è in corso il vertice di maggioranza che registra, al pari della giornata di ieri, convergenza fra le forze di governo sulla quasi totalità dei dossier. Dalle stanze in cui si tiene il vertice filtrano alcuni “capitoli” di sicuro impatto: spese sanitarie (farmacie e ticket) detraibili anche col contante, obbligo delle auto elettriche o ibride per i nuovi acquisti della pubblica amministrazione e anche l’inserimento nel passaggio parlamentare della norma a copertura finanziaria necessaria all’aeroporto di Forlì.
Proprio Luigi Di Maio, arrivando nella sede del governo, segnala che c’è l’accordo tra le forze di maggioranza praticamente su tutto, compresa la questione del regime forfettario per le partite Iva al di sotto dei 65 mila euro l’anno. “C’è l’accordo sulle partite Iva, rimane il regime forfettario al 15 per cento e soprattutto saltano i limiti sui beni strumentali che si volevano mettere”, annuncia il ministro degli Esteri.
Intesa, in maggioranza, anche sul fondo per famiglie e la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori. “Stiamo introducendo le ultime norme, anche non onerose”, aggiunge Di Maio, “c’è una importante norma che riguarda la mobilità elettrica green per la pubblica amministrazione, cioè faremo in modo che tutte le gare d’appalto che farà la pubblica amministrazione nei prossimi mesi potranno essere orientate a comprare sempre mezzi elettrici e green e poi, ovviamente, rifinanziamo tutte quelle che erano le battaglie che abbiamo portato avanti come quota 100 e reddito di cittadinanza”. (agi)