ROMA – In attesa di conoscere nel dettaglio i contenuti della nuova legge di stabilità, non possiamo non esprimere perplessità e grande preoccupazione in merito ai ventilati provvedimenti di innalzamento del prelievo fiscale sulle Casse di previdenza private – specie quelle come l’Inpgi che garantisce previdenza obbligatoria ed è sostitutivo dell’Inps – e sui fondi di pensione complementare e alla prospettiva di sottrarre il trattamento di fine rapporto ai suoi fini istituzionali.
La necessità di individuare risorse immediate che possano alimentare il consumo e consentire in questo modo al Paese di uscire dalla recessione e di riprendere una prospettiva di sviluppo non può indurre a compiere scelte frettolose, che a fronte di discutibili benefici momentanei rischiano di pregiudicare il futuro di intere generazioni.
Le Casse di previdenza private, e tra queste l’Inpgi, che assicura, appunto, le prestazioni di primo pilastro ai giornalisti italiani, vivono senza contributi dello Stato e contribuiscono al sostegno del welfare con centinaia di milioni di euro all’anno, come ha sottolineato lo stesso presidente dell’Adepp, Andrea Camporese, che lo Stato risparmia.
Elevare su queste Casse il prelievo fiscale dal 20 al 26% significherebbe alterarne considerevolmente i rispettivi bilanci con la conseguenza di forti penalizzazioni per tutti i loro iscritti, compresi coloro che già godono di prestazioni previdenziali.
Elevare il prelievo fiscale sui rendimenti dei fondi di pensione complementare dall’11,5% al 20% significa non solo mortificare questo settore di importanza strategica ma, soprattutto se legato all’ipotesi di sottrazione del Tfr, condannarlo ad una inesorabile estinzione. Non bisogna dimenticare che, proprio in considerazione della insostenibilità dei regimi previdenziali a garantire nel tempo prestazioni adeguate, da tempo il nostro ordinamento ha previsto l’opportunità di affiancare al regime pensionistico obbligatorio un sistema pensionistico complementare, alimentato oltre che dalla contribuzione del lavoratore e dal datore di lavoro, anche dal Tfr annualmente maturato, oltre che l’obbligo per i fondi complementari di investire sul mercato dei titoli.
E’ di tutta evidenza che se si sottrae al sistema di previdenza complementare il Tfr, o anche parte di esso, e si innalza in maniera così drastica il prelievo fiscale sugli utili degli investimenti si produrrà una inevitabile disaffezione da parte dei lavoratori nei suoi confronti. Si rischia, pur di ottenere un ipotetico vantaggio immediato, di prospettare per le nuove generazioni e per coloro che si affacciano al mondo del lavoro un futuro privo di una sufficiente assistenza previdenziale, con conseguenze sociali di facile previsione.
Comprendiamo le esigenze del Governo ma, chiediamo che lo stesso esecutivo e il legislatore, prima delle definitive decisioni, riflettano con attenzione sui danni che queste possono comportare in prospettiva, si aprano al confronto e alla verifica e modifichino quanto appare assolutamente equo e giusto cambiare.
La Fnsi: “Per un vantaggio immediato, si rischia un futuro senza assistenza”