Le tappe del caso tra rogatorie, scambio di documenti, depistaggi e primi indagati

Giulio Regeni, tre anni senza verità

ROMA – A tre anni dalla morte, tante domande, ma nessuna verità sul caso Regeni. Ecco le tappe della vicenda.
25 gennaio 2016 – Si perdono le tracce di Giulio: il giovane ricercatore, dottorando a Cambridge e collaboratore del quotidiano Il Manifesto, “sparisce” nei pressi di piazza Tahir, al Cairo.
3 febbraio 2016 – Il suo cadavere viene ritrovato sulla strada che collega il Cairo ad Alessandria d’Egitto. Sul corpo segni di tortura: lividi, fratture, ferite, bruciature.
4 febbraio 2016 – Il direttore dell’Amministrazione generale delle indagini, Khaled Shalabi, esclude un’azione di violenza e la presenza di colpi di armi da fuoco o da taglio: si indaga per incidente stradale. Viene eseguita l’autopsia. La Procura di Roma apre un fascicolo.
7 febbraio 2016 – La salma arriva in Italia, viene fatta una nuova autopsia che certifica le torture. Il Cairo intanto cambia versione di giorno di giorno, in quello che appare un depistaggio: si va dall’omicidio a sfondo omosessuale all’uccisione per mano di spie dei Fratelli Musulmani compiuto per creare imbarazzo al governo di Al Sisi. I genitori di Giulio iniziano una battaglia, la vicenda diventa un caso diplomatico.
24 marzo 2016 – Il ministero degli Interni egiziano fa sapere che è stata sgominata una banda specializzata in rapine a stranieri e nel covo sono stati trovati i documenti di Regeni, tra cui il passaporto. Ma la versione non convince gli inquirenti italiani: “Il caso non è chiuso, tante incongruenze”. Si saprà in seguito che la banda non aveva alcuna connessione col caso Regeni.
14 aprile 2016 – La Procura di Roma invia alle autorità egiziane una rogatoria e chiede i acquisire i tabulati telefonici di 13 persone, i video delle zone frequentate da Giulio e una serie di testimonianze. Il 5 maggio arrivano alcuni tabulati.
8 maggio 2016 – Vertice al Cairo tra investigatori italiani e magistrati egiziani. Consegnati altri documenti.
4 agosto 2016 – Emerge che Mohamed Abdallah, capo del sindacato ambulanti su cui Regeni stava facendo una ricerca, aveva segnalato ai servizi egiziani l’attività di Giulio. A dicembre si saprà che era stato lui a denunciarlo.
9 settembre 2016 – Vertice a Roma tra magistrati egiziani e italiani. L’Egitto ammette: Regeni era sorvegliato, impegno a consegnare tutta la documentazione. Nel corso di tre anni, una decina gli incontri tra inquirenti italiani ed egiziani.
15 marzo 2017 – Nuova rogatoria della Procura di Roma per acquisire altra documentazione. Per i pm italiani, nei fatti raccontati dagli ufficiali degli apparati di sicurezza del Cairo emergono “falsità e reticenze”. Gli sviluppi dei mesi successivi non saranno mai decisivi.
4 dicembre 2018 – La Procura di Roma iscrive nel registro indagati cinque persone, membri dei servizi segreti civili e della polizia investigativa egiziani, per concorso in sequestro di persona. Sono il generale Sabir Tareq, i colonnelli Usham Helmy e Ather Kamal e il maggiore Magdi Sharif, l’agente Mhamoud Najem. L’ipotesi è che si siano adoperati per mettere sotto controllo Regeni dopo la denuncia di Abdallah.
30 aprile 2019 – La Camera dei deputati approva l’istituzione di una Commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. (ansa)

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