ROMA – “Il Manifesto” ha pubblicato in prima pagina il reportage “In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti” di Giulio Regeni – il dottorando italiano trovato morto in circostanze ancora da chiarire alla periferia del Cairo – nonostante la diffida della famiglia del ragazzo. L’articolo, spiega il quotidiano, è stato inviato da Regeni e sollecitato via e-mail a metà gennaio”.
“Ci aveva chiesto – si legge ancora – di pubblicarlo con uno pseudonimo così come accaduto altre volte in passato. Ci abbiamo pensato e abbiamo deciso di offrirlo oggi ai nostri lettori come testimonianza, con il vero nome del suo autore, adesso che quella cautela è stata tragicamente superata dai fatti”.
In un editoriale dello stesso giornale si sottolinea che il giovane “temeva per la sua incolumità. Questa è la verità che per noi emerge e che vogliamo proporre e testimoniare sulla morte violenta al Cairo di Giulio Regeni”.
Oltre a precisare che “non siamo abituati come Manifesto alle speculazioni sulla vita altrui o ai retroscena complottardi, tantomeno ad abusare stile ‘asso nella manica’ delle persone”, nell’editoriale si ricorda che Regeni “non era né un violento né un nemico dell’Egitto, al contrario amava quel Paese ed era esperto di lotte sociali, in particolare del sindacato egiziano e, dottorando a Cambridge, di crisi dei modelli economici del Medio Oriente. È deceduto, a quanto sappiamo finora, secondo la procura egiziana dopo violenze inaudite”. (Adnkronos)
LA FNSI: “REGENI AVEVA IL DESIDERIO DI RACCONTARE LE OSCURITA’, PER LUI VERITA’ E GIUSTIZIA”
«Vogliamo unire anche la nostra voce a quelle di chi, anche in queste ore, sta chiedendo verità e giustizia per Giulio Regeni, un giovane che aveva nel cuore il desiderio di “illuminare” le periferie e di raccontare le oscurità e il malaffare». Lo affermano in una nota il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
«Sono ancora troppe le contraddizioni e le oscurità nelle versioni fornite dalle autorità egiziane. E del resto – proseguono i vertici della Fnsi – sarà bene non dimenticare che, come più volte denunciato da Amnesty International, in Egitto è largamente praticata la tortura e le carceri egiziane “ospitano” decine di intellettuali, scrittori, giornalisti e oppositori politici dell’attuale regime. Dal momento che uno dei possibili moventi dell’assassinio di Giulio Regeni, collaboratore del Manifesto, potrebbe essere collegato proprio alle inchieste da lui realizzate in Egitto, sarebbe importante ridare forza e voce a quelle inchieste e ripercorrere, anche mediaticamente, il suo percorso, in modo da illuminare a giorno la vicenda professionale e umana di Giulio e “costringere” le autorità egiziane a ricercare davvero fino in fondo verità e giustizia».
L’articolo di Giulio Regeni pubblicato oggi da Il Manifesto: http://ilmanifesto.info/in-egitto-la-seconda-vita-dei-sindacati-indipendenti/