ROMA – Occorre una sempre maggiore conoscenza del mondo digitale da parte degli adulti, a partire dalla famiglia, e una maggiore preparazione dei professionisti dell’informazione, ma per combattere il fenomeno delle fake news è centrale raggiungere i ragazzi nelle scuole. È quanto emerso nel dibattito «Il diritto all’informazione per le nuove generazioni tra libertà e controllo», organizzato in occasione del Safer Internet Day di Telefono Azzurro. All’incontro, moderato da Chiara Del Gaudio, giornalista di UnoMattina, hanno partecipato i direttori di diverse testate italiane.
«Le fake news possono avere dietro una componente di manipolazione dell’opinione pubblica molto importante», ha esordito il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, secondo il quale «compito dei media è di essere lì dove sono i ragazzi e stabilire un rapporto di fiducia con loro. Nei loro confronti c’è una responsabilità rilevante delle piattaforme social, soprattutto in questa fase in cui la pandemia ha aumentato la solitudine».
«I ragazzi sono immersi nel mondo dei social e spesso hanno una difficoltà a decifrare messaggi che, uniti alle immagini, hanno un impatto emotivo, diretto o subliminale, molto forte», ha aggiunto il direttore dell’Ansa, Luigi Contu.
«C’è un livello di attenzione – ha sottolineato Contu – che noi giornalisti dobbiamo assicurare quando facciamo notizie, che spesso arrivano anche ai bambini, con un linguaggio e scelte valoriali appropriate. Abbiamo realizzato progetti con il Miur nelle scuole e abbiamo riscontrato una grande curiosità sul mondo dell’informazione. Nello studio dell’educazione civica deve essere inserito, a mio parere, un percorso che faccia capire ai ragazzi l’importanza dell’informazione libera per la crescita della società».
Il direttore de “la Repubblica”, Maurizio Molinari, ha richiamato il tema della protezione dei diritti civili nella realtà digitale. «Il diritto e la giurisprudenza – ha affermato – sono in ritardo. Dobbiamo vivere questa fase come un’opportunità, creando nuovi diritti. Credo che ogni paese debba agire autonomamente, perché c’è un problema di sovranità. Manca, però, una teoria dei diritti digitali. Il fatto che i bambini siano molto spesso le vittime di questi reati digitali rende questo percorso necessario e impellente».
Il direttore di Fanpage, Francesco Piccinini, ha sottolineato la necessità che gli adulti conoscano i mezzi che usano i ragazzi, prima di censurarli, perché le varie piattaforme sono molto diverse tra loro. «La sfida del futuro – ha affermato – è saper interpretare questi mezzi che sono diversi e richiedono linguaggi diversi».
Per Giuseppe De Bellis, direttore di Sky TG24, «il diritto digitale deve essere regolamentato con una forza maggiore rispetto al diritto fisico. Dobbiamo fare oggi quello che abbiamo fatto con alcune fattispecie di reato come il femminicidio, creando delle aggravanti. L’educazione digitale deve far parte del background di tutti i giornalisti. Oggi non è ancora così, nonostante gli sforzi che abbiamo fatto c’è ancora un digital divide culturale nelle nostre redazioni».
Per Giuseppina Paterniti, direttore editoriale per l’offerta informativa della Rai, la tv pubblica «deve intercettare le richieste dei giovani, affrontando alcune sfide che rappresentano i pericoli più grandi del momento e distinguendo tra verità e opinioni. Bisogna aiutare i giovani a capire che le chiacchiere da bar non possono essere in alcun modo equiparate a percorsi di ricerca approfonditi. Bisogna fornire un approccio complesso, niente è semplice e banale come appare. Occorre poi lavorare a contenuti diversi con un modo di raccontare nuovo, come ad esempio sul tema dell’ambiente».
Antimo Ponticiello, direttore generale del Miur, ha spiegato che «il ministero dell’Istruzione ha scelto di mettersi in una posizione di ascolto verso gli studenti prima di elaborare delle strategie», per «stimolare un uso consapevole e corretto della rete».
«L’impegno che porteremo avanti con il Miur – ha concluso Ernesto Caffo, presidente SOS Il Telefono Azzurro Onlus – è andare nelle scuole e credo che un elemento chiave emerso dal dibattito sia la possibilità che i professionisti dell’informazione possano collaborare perché si possa incominciare sempre in più a riflettere con i ragazzi sulle sfide del domani». (ansa)