WASHINGTON (Usa) – È bufera sul Pentagono perché, nella versione aggiornata delle sue linee-guida legali destinate agli ufficiali in comando, equipara in certe circostanze i giornalisti al seguito delle forze Usa al fronte a vere e proprie “spie”, o addirittura a “belligeranti senza titolo ad alcun privilegio”, come se si trattasse di soldati nemici. In realtà le direttive erano state pubblicate in giugno, ma erano passate sostanzialmente inosservate: finché non le ha riscoperte “The New York Times” che, in un editoriale al vetriolo pubblicato oggi, denuncia come il lavoro dei corrispondenti di guerra rischi di diventare adesso “ancora più pericoloso, difficile da svolgere ed esposto alla censura”.
Il quotidiano mette, quindi, in guardia sui “gravi danni alle libertà di espressione” che potrebbero derivarne, e ne reclama pertanto la cancellazione. In generale nel documento del ministero della Difesa americano i giornalisti sono indicati come civili da proteggere ma, si ammonisce, “riferire su operazioni militari può risultare molto simile a raccogliere informazioni riservate, o addirittura a spiare”: in tal caso gli interessati “se catturati possono essere assoggettati a misure di sicurezza e puniti”. Per evitarlo “bisogna agire apertamente e con il permesso delle autorità competenti”.
Non solo: nel testo si ricorda che “in base al diritto bellico non sussiste alcun diritto speciale per quei giornalisti che entrino sul territorio di uno Stato o che accedano alle zone ove ne sono in corso operazioni militari senza il consenso dello Stato medesimo”. Quanto alla censura, molto semplicemente si osserva che “può rendersi necessaria onde evitare che al nemico siano rivelate informazioni sensibili”.
Per il “New York Times” tutto ciò, però, non solo “sembra in contrasto con la Costituzione e con la giurisprudenza” Usa, ma potrebbe persino fornire un appiglio “ai leader autoritari del mondo intero per dimostrare che il trattamento dispotico da essi riservato ai giornalisti, compresi quelli americani, è ampiamente coerente con i parametri fissati dal governo degli Stati Uniti”. In tal modo, è la conclusione, il Pentagono ha offerto una sponda insperata alla propaganda dei regimi dittatoriali.
Oltre al giornale di New York, molto critico era già stato anche il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, una ong dedita a tutelare la libertà di stampa, secondo cui tali direttive sono “auto-referenziali” e non avranno altro risultato che “ridurre gli standard” di protezione, un cui rafforzamento sarebbe, invece, più che mai necessario. (Agi)
Bufera sul Pentagono dopo l’editoriale del New York Times sulle “linee guida”