REGGIO CALABRIA – Sono state le parole di Giancarlo Tartaglia, storico direttore della Federazione nazionale della stampa italiana, a condensare i numerosi e vivaci contributi del dibattito che, a Reggio Calabria, ha movimentato il seminario su “Giornalisti, contratti, difesa dei diritti e deontologia” promosso da Fnsi, Sindacato e Ordine dei giornalisti della Calabria.
«Tutto nasce nelle stanze della Federazione nazionale della stampa – ha detto, senza indugi, Tartaglia, che è l’artefice dei contratti e degli accordi nazionali di lavoro giornalistico sottoscritti dal Sindacato dei giornalisti con le rappresentanze sindacali degli editori (Fieg, Aeranti-Corallo e Uspi) – e nel contratto entra tutto: la tutela sindacale, la previdenza, l’assistenza sanitaria. Perchè – ha chiarito il direttore della Fnsi, padre di tanti contratti, – gli istituti di categoria dei giornalisti non sono fiori di campo nati spontaneamente uno qua, uno là. La Fnsi, l’Inpgi, l’Ordine, la Casagit sono il tutto che si colloca all’interno del contratto collettivo».
«Anche l’Ordine – ha sottolineato Giancarlo Tartaglia – è nato, nel 1963, per volere della Federazione della stampa: la legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti è stata scritta nelle stanze della Fnsi». Che è il sindacato unico e unitario dei giornalisti italiani «perchè è così che i giornalisti hanno voluto e vogliono – ha proseguito il direttore – partendo dall’art. 39 della Costituzione che disciplina la creazione di un sindacato quale libera associazione».
A ribadire il senso e gli obiettivi delle battaglie che il sindacato dei giornalisti ha affrontato negli anni e si trova ad affrontare «oggi più che mai, alla luce di una crisi che continua a mietere vittime» è stato subito Carlo Parisi, segretario generale aggiunto della Fnsi, che, aprendo i lavori della giornata di formazione, ha voluto ribadire che «in Calabria, come altrove, non permetteremo a nessuno di sfruttare i giornalisti e di rovinare le aziende sane che pagano stipendi e contributi, a dispetto di ogni forma di illegalità: non possiamo accettare situazioni in cui l’illegalità è diventata la regola».
Ha citato «il buon esempio» di monsignor Francesco Oliva, vescovo di Locri–Gerace, Carlo Parisi, e lo ha ringraziato «perché, rifiutando le offerte per la chiesa provenienti da ambienti mafiosi, ha dimostrato di non accettare anche i luoghi comuni, secondo i quali tutto il Sud è mafia. È, però, necessario l’impegno di tutti perché, se è vero che spetta allo Stato, alla magistratura, alle forze dell’ordine combattere la criminalità organizzata, è altrettanto vero che ciascuno di noi deve fare la propria parte. A cominciare dai giornalisti, che devono dimostrare serietà e credibilità in una professione che non è come le altre, ma ha un ruolo sociale definito e importante».
«È ai giornalisti – ha incalzato il segretario generale aggiunto della Fnsi – che chiedo, ancora una volta, di fare rete e di denunciare situazioni illegali: in una regione come la Calabria in cui, spesso, fare il giornalista significa porgere il fianco a intimidazioni e soprusi, il dialogo all’interno della categoria è fondamentale. E mi rivolgo in particolare ai collaboratori, che costituiscono l’ossatura del sistema dell’informazione, qui come altrove, che non devono accettare forme di sfruttamento alla stregua della schiavitù e farsi “infinocchiare” da editori pirata».
Ecco che, nella lotta agli editori senza scrupoli «diventa fondamentale un altro strumento – ha spiegato Carlo Parisi – da mettere in campo nell’elargizione dei contributi pubblici: vanno dati ai giornali e alle emittenti radiotelevisive veri. Che pagano stipendi e contributi. Per questo il Durc, il modello che certifica la regolarità dell’azienda, non può essere solo contributivo, perché ci sono aziende che versano i contributi, ma poi non pagano gli stipendi: con la legge attuale, un’azienda simile ha diritto a ricevere denaro pubblico perché ha il Durc perfetto!».
«Perciò attendiamo, ansiosi, – ha detto il segretario generale aggiunto della Fnsi – i decreti attuativi della legge sull’editoria approvata il 4 ottobre e soprattutto indicazioni precise in merito all’elargizione dei contributi».
A rilanciare la necessità di «un rigore assoluto nell’assegnazione dei contributi pubblici» è stato, quindi, Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, che non si è fatto scrupolo di dire che «le norme attuali sono facilmente aggirabili: va cambiata la legge e vanno cambiati i Durc».Certo, di problemi da affrontare ce ne sono tanti, perchè «la professione giornalistica – ha detto chiaramente Lorusso – è una delle professioni più sotto tiro al mondo e tra le battaglie prioritarie per il sindacato dei giornalisti, in Italia, così come in Europa e oltre, c’è quella per la legalità, che va di pari passo con quella per i diritti dei colleghi».
Non a caso «faremo già partire nei prossimi giorni – ha annunciato il segretario generale della Federazione nazionale della stampa – una mobilitazione simbolica davanti al Senato contro le leggi rimaste ferme: quella sul carcere per i giornalisti, che ancora non è stato abolito, e quella sulle querele temerarie, uno strumento inaccettabile per intimidire chi fa cronaca. Vogliamo – ha ribadito Lorusso – che il Parlamento riconosca e impedisca questa forma di attentato alla libertà di stampa».
Difesa e maggiori tutele del lavoro giornalistico sono alla base del contratto collettivo di categoria Fieg-Fnsi, prorogato lo scorso 29 settembre: «In vista del nuovo contratto – ha sottolineato Raffaele Lorusso – stiamo chiedendo agli editori di allargare il perimetro del lavoro regolare, includendo quel lavoro autonomo che, di fatto, è lavoro dipendente e come tale va riconosciuto e contrattualizzato. La strada è accidentata, perché chiediamo alla controparte di ampliare l’area del lavoro autonomo in un contesto che va in senso contrario. Ma non ci arrendiamo. Per le stesse ragioni, credendo cioè che il nuovo contratto debba avere nel lavoro dipendente la sua centralità, – ha rimarcato il segretario generale della Fnsi – stiamo ragionando su come estendere la tutela contrattuale a tutte quelle forme di giornalismo che già esistono ma che non vengono adeguatamente riconosciute, a cominciare dall’on line: pensiamo ai siti web indipendenti, non allegati alle grandi aziende editoriali, in cui molto spesso lavorano due, tre colleghi».
Qualche importante risultato, nel frattempo, è stato raggiunto: «Con il contratto Aeranti Corallo – ha detto Lorusso –, che abbiamo affiancato a quello collettivo, abbiamo fatto emergere 1300 colleghi».
Ad ammonire i colleghi, in nome di «un giornalismo che dev’essere di qualità e non improvvisato» è stato, in chiusura dei lavori, il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri. Suo l’appello ad «evitare narcisismi e interessi di lobby, né si possono intervistare persone senza essere padroni dell’argomento, altrimenti si è soltanto servi sciocchi dell’interlocutore o ballerine di piazza. Ci vuole preparazione – ha detto Soluri, rivolgendosi ai tanti colleghi presenti, – sennò ci si atteggia a giornalista, ma non si fa il giornalista».
Numerosi e vivaci, nel corso del dibattito, i contributi dei giornalisti presenti, tra cui quello di Michele Albanese, responsabile della Federazione nazionale della stampa per la Legalità, da anni sotto scorta per le minacce ricevute dalla ‘ndrangheta, che ha voluto ribadire che «purtroppo sono in tanti a vivere la mia stessa situazione, anche nelle regioni del nord, una situazione che impone grandi sacrifici e rinunce. Come Fnsi stiamo cercando di mettere a punto un monitoraggio serio e reale in fatto di colleghi oggetto di intimidazioni, nella consapevolezza che esistono casi ben diversi l’uno dall’altro. E talvolta – ha detto con amarezza Albanese – la mania di protagonismo di qualcuno rischia di provocare seri danni a quei colleghi che, invece, sono minacciati davvero. Ci vogliono credibilità e senso di responsabilità».
E poi «bisogna fare rete – è intervenuto Luciano Regolo, consigliere nazionale della Fnsi, al centro dell’“Oragate” da direttore dell’Ora della Calabria – , è indispensabile che i giornalisti siano insieme anche al di fuori di queste giornate. Io, purtroppo, mi sono ritrovato solo – ha denunciato pubblicamente – nel processo sul caso dell’Ora che vede protagonisti me, da una parte, e lo stampatore del giornale De Rose dall’altra, dopo il brutto episodio passato alle cronache come quello del “cinghiale ferito”: nell’ultima udienza accanto a me c’erano due, tre colleghi. E basta. Come se il mio fosse un caso personale, non una vicenda che riguarda la libertà di stampa, la libertà di fare il giornalista. Questo è isolamento». (giornalistitalia.it)