POLISTENA (Reggio Calabria) – Accanto alla Calabria delle minacce, dell’omertà, degli inchini a sfondo mafioso, dei soprusi e degli “accorduni” silenziosi che mirano a soffocare le voci libere e ogni ventata di rinnovamento, ce n’è tutta un’altra, più forte di quanto non si creda, che intende dire basta per sempre ai “cinghiali”, alle mafie e alle prepotenze. Lo si è visto molto chiaramente ieri a Polistena nel corso dell’incontro su lavoro, legalità e libertà di stampa organizzato dalla Fnsi ed è stato questo il significato più profondo, il messaggio unificatore di speranza emerso dai numerosi interventi.
Aprendo il dibattito, il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria e vicesegretario della Fnsi, Carlo Parisi, ha annunciato l’apertura di due sale stampa, una per la Locride e l’altra per la Piana di Gioia Tauro, che saranno inaugurate presto grazie anche alla disponibilità dei sindaci di Polistena e Gerace, Michele Tripodi e Pino Varacalli. Saranno a disposizione dei giornalisti del luogo, ma anche degli inviati delle testate nazionali e internazionali, che verranno a realizzare dei servizi, purtroppo spesso su fatti relativi alle violenze e ai soprusi della ‘ndrangheta. Due avamposti dell’informazione libera e senza bavagli, dove tutti potranno lavorare, ritrovarsi, scambiarsi idee, collaborare l’uno con l’altro, in un fronte comune che renderà meno deboli e isolati i cronisti coraggiosi di fronte a ogni forma di minaccia e di pressione.
«Fungeranno da apripista», ha detto Parisi, «alla costituzione dei Circoli della stampa della Locride e della Piana. Questo è ciò a cui miriamo e proprio oggi possiamo dire di aver posato la prima pietra di un progetto importante, che testimonia in maniera concreta la vicinanza e il supporto della Federazione della Stampa a quei colleghi che ne hanno, più di altri, bisogno».
L’auspicio è che le due nuove sale stampa incoraggino l’unità non solo tra i giornalisti, ma anche fra tutte le forze che combattono contro lo strapotere mafioso, spezzando una strategia che mira a screditare, isolare e ostacolare chi, denunciando pubblicamente illegalità di vario genere, favorisce il risveglio delle coscienze di un’intera comunità. Da questo punto di vista il dibattito di ieri ha messo bene in luce quanto questa unità sia preziosa: mai, in Calabria, si era riuscito a dare un segnale di così convinta compattezza nella difesa della libera stampa, una libertà che, come ha sottolineato don Pino Demasi, parroco di Polistena e referente di Libera per la Piana di Gioia Tauro, in zone dove silenzi e paure finiscono per incoraggiare violenze e soprusi, è ancora più importante.
Commovente la testimonianza di Michele Albanese, il collega di Polistena costretto a vivere sotto scorta per i suoi servizi coraggiosi, che ha descritto con schiettezza e trasporto emotivo quanto gli pesi non poter essere liberamente sul campo, ascoltare le sue fonti, fare «normalmente» il suo lavoro come ha sempre fatto, perché è diventato difficile ora che deve sempre spostarsi con un “seguito” poiché la sua vita è in pericolo.
Albanese non si sente un eroe, solo un giornalista “normale”, ma la Calabria, ha ribadito più volte, il presidente dell’Ordine dei giornalisti regionale, Giuseppe Soluri, non ha bisogno di “eroi” ma di cronisti che esercitino con rigore e professionalità, immuni da ogni influenza e da ogni condizionamento il proprio mestiere, come imporrebbe la nostra deontologia.
«I giornalisti, come i preti e i magistrati», ha aggiunto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, «devono anche avere coraggio, se non lo si ha sarebbe meglio fare altri lavori». Il cronista che scrive di fatti di mafia, ha spiegato il magistrato, non deve né riportare acriticamente le comunicazioni delle procure, né riportare con leggerezza le “difese” propalate dai boss e dai loro sodali, ma fare giornalismo d’inchiesta: meglio non scrivere nulla che diffondere inesattezze su temi tanto delicati, specie se queste inesattezze vanno a indebolire il lavoro di chi, già sfidando una serie d’ostacoli, combatte contro i soprusi e le infiltrazioni tentacolari della mafia. Neppure l’editoria – ha detto Gratteri – è imnune da queste ultime, come testimoniano i frequenti articoli di alcuni giornalisti su alcuni giornali, segno di schieramenti, più o meno consapevoli, in favore dei potentati oscuri”.
Riguardo al suo nuovo incarico nella commissione che riscriverà il diritto penale nel nostro Paese, anche per favorire la rapidità dei processi antimafia, il procuratore ha spiegato che il primo passo dovrà essere “sturare” i tribunali dai processi di minima rilevanza e bloccare, così, l’orologio della prescrizione.
Gratteri ha, infine, rivolto un appello al presidente della Conferenza Episcopale Calabra, monsignor Salvatore Nunnari, perchè i vescovi assumano una posizione congiunta di chiara opposizione alle sudditanze pretese dalle ’ndrine e anche di sostegno alla libera informazione. Ma proprio a questo obiettivo è stato ispirato l’ultimo documento della Cec, nel luglio scorso, dopo le polemiche sull’inchino della statua della Madonna davanti alla casa del boss, durante la processione di Oppido Mamertina.
D’altra parte la posizione della Chiesa sulla necessaria e convinta opposizione a ogni forma di collusione con i poteri mafiosi è stata espressa molto chiaramente da Papa Francesco in occasione della sua visita in Calabria il 21 giugno, quando parlò dei boss come di “scomunicati, senza Dio” e anche dal segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino che ha detto, parlando ai fedeli, poco prima dell’arrivo del Pontefice: «I sacerdoti calabresi non possono soltanto celebrare funerali o contare le vittime della mafia». Certi gesti durante le processioni possono essere visti anche come “signali” per lasciare intendere che qui in Calabria nessuno, neppure il Papa, può far cambiare le cose. Di qui la necessità di opporvisi con ancora più veemenza.
Sia monsignor Nunnari, sia Angela Napoli, ex presidente della Commissione Antimafia, hanno rammentato come accanto alle violenze visibili delle mafie ci siano quelle meno appariscenti di una forma-mentis a tutti gli effetti mafiosa. Il presidente dalla Cec ha ribadito, parlando del caso dell’Ora della Calabria, come possa ritenersi ascrivibile a quest’ultima la prepotenza con cui sono stati disposti lo scorso 18 aprile, un venerdì santo, non solo la cessazione delle pubblicazioni del giornale da me diretto, ma anche l’oscuramento del sito, in modo da ottenere un silenzio totale. Questa decisione del liquidatore, Giuseppe Bilotta, che è anche il consulente commercialista di Piero Citrigno, il padre del nostro ex editore, nella vicenda della confisca dei beni disposta dalla Dda, e si fa assistere dal suo stesso legale, seguì significativamente la protesta indetta dal Cdr e un mio editoriale denuncia sulle manovre per far passare la proprietà della testata a Umberto De Rose, il protagonista dell’intimidatoria telefonata del cinghiale ferito.
«L’Ora della Calabria», ha detto Nunnari, «chiude solo perché si voleva tappare la bocca a un gruppo di giornalisti coraggiosi». Parole molto simili a quelle della Napoli che hanno incoraggiato i miei colleghi venuti da Reggio, Cosenza e Catanzaro e me, in un momento particolarmente duro anche perché non riceviamo alcuna retribuzione dallo scorso marzo. Proprio a Polistena, Franco Siddi e Carlo Parisi hanno annunciato a noi dell’Ora che la Fnsi ha deciso di farsi carico dell’anticipazione della cassaintegrazione, ricorrendo al Fondo di solidarietà depositato presso l’Inpgi.
Siddi è tornato a ribadire con convinzione quanto aveva espresso durante una visita alla nostra redazione occupata: il bisogno che lo Stato attivi in regioni come la Calabria, dove ogni testata tende a soffrire dei pochi lettori e della scarsa pubblicità, un sistema di finanziamento pubblico di facile accesso per quei giornali che effettivamente si adoperano per la libera informazione e inquadrano nella legalità i propri giornalisti, poiché il renderli più solidi finanziariamente sarebbe anche una garanzia dell’informazione libera e pluralista, bene preziossimo in comunità segnate dell’omertà e dai soprusi. Il sistema attuale di contribuzione, invece, ha spiegato Siddi, finisce per favorire iniziative editoriali poco chiare spingendo spesso a espedienti di vario tipo per dare vita a testate che poi non hanno né basi solide, né contenuti utili dal punto di vista del risveglio civile.
Il sindacato dei giornalisti, e mi consta personalmente in questi otto mesi di duro lavoro in Calabria, si sta ponendo sempre più come un centro di aggregazione e incoraggiamento per tutti i colleghi, più numerosi di quanto non si pensi, che non sono disposti ad alcun compromesso, né verso i boss e le loro famiglie, né verso gli editori prepotenti, inclini ad accorduni politico-affaristici. A Polistena sono stati ricordati gli ingiusti linciaggi mediatici subiti da Michele Inserra e Lucio Musolino per aver attirato la pubblica attenzione sulle processioni inquinate da atti di sudditanza alle ’ndrine, ma anche gli ingiusti licenziamenti di Iole Perito e Rossana Caccavo, che hanno ottenuto il riconoscimento dei propri diritti dalla magistratura grazie all’assistenza sindacale e legale della Fnsi.
L’impressione è che Polistena abbia segnato un punto di svolta in positivo, una pagina tra le più edificanti del giornalismo in Calabria, chiudendo per sempre quella delle sciocche rivalità, dei silenzi complici, degli isolamenti di cui si avvantaggiano soltanto quei potentati oscuri che strangolano la nostra regione. Ricordo che dovendo stabilire che cosa scrivere sullo striscione da appendere ai finestroni della nostra redazione cosentina, la prima notte dell’occupazione, decidemmo all’unisono con i colleghi la frase: «È l’ora della dignità». Questo, da ieri, sembra il motto di tutta la nostra categoria, quella sana che opera animata dai più alti significati della nostra professione e con il conforto di un sindacato quanto mai attivo e grintoso, nella difesa di diritti e valori importanti non solo per i giornalisti, ma per un intero Paese.
Luciano Regolo
Una pagina importante per il giornalismo calabrese.
Gratteri-Parisi-Siddi: ecco un trio delle meraviglie. Sono con voi con amicizia, devozione, affetto.