VENEZIA – Schiena dritta e il coraggio di non cedere alle lusinghe del potere portando avanti un mestiere indispensabile anche in tempo di crisi, di tagli e di disoccupazione. È una sorta di messaggio congiunto quello che il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, e il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, lanciano da Venezia in un incontro nella Giornata delle comunicazioni sociali in occasione di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.
Fare il giornalista vuol dire “fare una professione in un settore in crisi – ha detto de Bortoli – ma è assolutamente centrale nella nostra società; è un mestiere indispensabile perché il giornalismo fa sì che l’opinione pubblica se avvertita non sia una curva di tifosi e possa scegliere in libertà. Einaudi diceva che un buon giornalismo mette in condizione il cittadino di conoscere per deliberare, credo che basti questo”.
“Mi piace – ha aggiunto Moraglia – che ci sia e ci aiuti a comunicare. Mi piace che ci sia l’informazione”, perché “credo sia fondamentale come stimolo. Poi mi piacerebbe un’informazione che racconta e ci aiuta a comunicare partendo da quello che i giornalisti con competenze superiori alle nostre hanno saputo evidenziare”.
Sullo stile del motto di San Francesco di Sales “nulla chiedere, nulla rifiutare”, il patriarca ha osservato, riferendosi al pensiero del santo: “Penso che vivendolo si possa essere veramente liberi. Perché se uno non chiede, non aspetta nulla, non ha delle aspettative, nello stesso tempo non rifiuta, perché il rifiuto potrebbe essere anche comodo o strumentale magari per ottenere qualche altra cosa di più che non viene data. Allora penso che questo atteggiamento di fondo – ha concluso Moraglia – sarebbe veramente la libertà della persona che vuole rimanere nella concretezza del reale e delle relazioni storiche nelle quali è posta”.
“Noi come giornalisti – ha detto de Bortoli – dobbiamo uscire da questo pessimismo di questa corporazione, dobbiamo dominare i mezzi tecnologici che sono messi a disposizione che spesso subiamo avendo paura del nuovo. Poi è altrettanto vero che ci sono i problemi del precariato, delle tante testate che si indeboliscono e chiudono, credo che il pluralismo sia invece un’assoluta necessità di questo paese – ha aggiunto – che spesso corre in soccorso al vincitore, qualunque esso sia, ed ha quindi bisogno di un buon giornalismo con la schiena diritta“. “Questo perché – ha concluso – non si possono lapidare le persone senza prove, non si possono nemmeno condannare le persone sulla base di un avviso di garanzia o per lo meno non si possono fare delle campagne contro terzi”. (Ansa).
Appello congiunto del patriarca di Venezia e del direttore del Corriere della Sera