ROMA – Al Ministero della Giustizia è stato formalmente aperto un fascicolo, sull’inchiesta della Procura di Trapani sulle Ong, nell’ambito della quale sarebbero stati intercettati anche più giornalisti nelle comunicazioni con le fonti.
Dopo le disposizioni date dal ministro della Giustizia, Marta Cartabia, è stata formalmente inviata all’ispettorato generale la richiesta di «svolgere con urgenza i necessari accertamenti preliminari, formulando all’esito valutazioni e proposte».
Con il conferimento dell’incarico da parte di Cartabia, la prima iniziativa dell’ispettorato di via Arenula dovrebbe essere l’acquisizione degli atti dalla Procura di Trapani per verificare se siano fondate le notizie emerse con un’inchiesta del Domani, secondo le quali sette giornalisti che hanno scritto di Libia, migranti e ong, sarebbero stati intercettati, anche durante i colloqui con le loro fonti, senza essere iscritti nel registro degli indagati. Ascolti compiuti nell’ambito dell’indagine giudiziaria a carico di alcune ong per favoreggiamento all’immigrazione clandestina, che si è conclusa con la richiesta di una ventina di rinvii a giudizio. In particolare la cronista freelance Nancy Porsia sarebbe stata intercettata per mesi e ascoltata anche mentre parla con il suo avvocato.
È possibile che gli ispettori al termine dell’esame dei documenti dispongano audizioni, a partire dai magistrati che si sono occupati dell’inchiesta, “ereditata” dal procuratore facente funzioni Maurizio Agnello, che nei giorni scorsi ha assicurato che quelle intercettazioni saranno distrutte e non entreranno nel fascicolo processuale.
Non è escluso nemmeno l’invio sul campo degli ispettori, se questi accertamenti lo rendessero necessario. Tanto più se i tempi coincidessero con quelli dell’ispezione ordinaria che il Ministero dispone periodicamente in tutti gli uffici giudiziari. I punti da accertare sono tanti: va capito, innanzitutto, se i giornalisti sono stati intercettati direttamente (e a quel punto andavano iscritti nel registro degli indagati) o indirettamente. E se quei colloqui captati costituiscano uno “sfregio” al segreto professionale dei cronisti, come denunciato dal presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna. O se siano comunque state violate altre norme, come quelle che tutelano le conversazioni degli avvocati con i propri assistiti.
Aoi: “Intervenga il Parlamento”
L’Associazione delle organizzazioni italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (Aoi) esprime «piena solidarietà a Nancy Porsia e alle colleghe e colleghi giornalisti che hanno subìto intercettazioni da parte della Procura di Trapani nell’ambito delle inchieste relative al ruolo delle Ong nel Mediterraneo, pur non risultando indagati».
«Chi opera per l’informazione trasparente e veritiera e chi è agente di solidarietà da qualche anno – afferma Silvia Stilli, portavoce Aoi – è spesso sotto attacco, riguardo al tema “migranti”. Temiamo che l’uso di queste intercettazioni miri tendenziosamente e senza giustificazioni a ricreare un clima già vissuto: quello delle fake news e della sfiducia sull’operato delle Organizzazioni non governative e di chi le difende».
Aoi chiede al Parlamento di «mettere in campo tutti gli strumenti necessari per far luce su questa vicenda e di istituire una Commissione di inchiesta, con l’obiettivo di rendere pubblico il reale impatto degli accordi Italia-Libia di questi anni».
Le organizzazioni di Aoi, inoltre, «con forte stupore, apprendono dai media che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, in visita al presidente libico, lo ha ringraziato proprio per i “salvataggi” della Guardia Costiera libica, che sappiamo agire solo in nome di accordi per il respingimento. Il nostro Paese, così, rinuncia a chiedere ragione alla Libia delle violazioni di ogni diritto e della fine delle detenzioni disumane».
«È giunta l’ora della verità in cui al Parlamento spetta chiedere – mette in evidenza la portavoce – una risposta del Governo su quale sia la priorità: se salvare vite umane e operare in contemporanea per sconfiggere la povertà, evitando le migrazioni irregolari dei barconi della morte, con un impegno effettivo in programmi di aiuto umanitario e cooperazione allo sviluppo e di tutela della democrazia e dei diritti a partire dalla Libia, oppure se continuare a drenare risorse per garantire assistenza tecnica a Tripoli nel nome dei respingimenti senza condizionalità alcuna». (ansa)
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