Franco Siddi: “Questo rinnovo è una prova durissima, ma da superare”

Giornalisti, la Fnsi: “Il contratto possibile”

Il segretario della Fnsi Franco Siddi

ROMA – La stagione contrattuale che viviamo è molto diversa da quelle che abbiamo affrontato nel passato. Molti giornali sono al collasso per una crisi economica che dura da molti anni (50% di ricavi nominali in meno solo negli ultimi 10 anni) e per gravi insufficienze progettuali e gestionali; l’occupazione è crollata (quasi 1.000 posti in meno solo nel 2013); l’Inpgi sta pagando costi altissimi per assicurare reddito a chi è in difficoltà (Cigs, contratti di solidarietà, disoccupazione, propensione spinta all’esodo anticipato, ancor più dei prepensionamenti).
In alcune realtà si iniziano a mettere in atto strumenti più traumatici, con il ricorso alla legge 223 e l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo. In gran parte stiamo riuscendo a respingerli, ricorrendo ancora ad ammortizzatori sociali o ad accordi di “contenimento”.
In altri casi, nelle aree più disperate, cominciano ad essere proposte revisioni individuali di contratto, già al ribasso, per prolungare la vita del rapporto di lavoro. Spesso questi casi per paura non sono neanche segnalati al Sindacato. Realtà sconvolgenti, mai viste prima!
Parlano i numeri: solo nel comparto Fieg, tra il 2009 e il 2013, sono usciti dal settore 1.662 giornalisti, 887 da quotidiani e 638 dai periodici. Ciò nonostante, il nostro sistema regge ancora, ma ha urgente necessità di sostegno.
Il contratto è uno dei pilastri da preservare assolutamente e da far avanzare e, per quanto possibile, in un’ottica inclusiva, di attenzione ai punti deboli e critici, di creazione di opportunità innovative e per il rilancio.
Nel mondo imprenditoriale (e anche in settori della politica) emergono forti spinte a considerare finiti i contratto collettivi. Fare il nuovo contratto in questa condizione è una prova durissima, che dobbiamo superare, se non si vuole assecondarne la fine, garantendo (ma fino a quando?) assetti contrattuali essenziali solo a chi è dentro il sistema da tempo e ha la fortuna di lavorare in aziende ancora minimamente solide e gestite con criterio e minime relazioni industriali democratiche.
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