REGGIO CALABRIA – Un decreto penale di condanna, con conversione della pena detentiva in una pena pecuniaria compresa tra i 1.500 euro e i 3.000 euro ciascuno, è stato emesso dal gip di Salerno, Maria Zambrano, nei confronti di otto giornalisti, accusati di aver pubblicato «atti e documenti – si legge nelle imputazioni formulate dal pm di Salerno, Rocco Alfano – per i quali, al momento della loro pubblicazione, anche se non più coperti da segreto istruttorio, vigeva ancora il divieto di pubblicazione».
I giornalisti avevano pubblicato, a partire dal mese di gennaio del 2013, notizie attinte da un’ordinanza dell’ufficio gip del Tribunale di Salerno (già notificata agli indagati e ai loro difensori e già impugnata dall’accusa al Tribunale del Riesame di Salerno) attraverso la quale veniva rigettata la richiesta di misura cautelare interdittiva richiesta dall’ufficio di Procura – allora guidato dall’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, affiancato in quell’indagine dallo stesso pm Alfano – a carico di tre magistrati del distretto giudiziario di Catanzaro finiti in un’indagine del Ros la cui posizione, per presunti reati aggravati dalle finalità mafiosa, sarebbe stata poi archiviata per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
I giornalisti condannati con un procedimento speciale – senza udienza preliminare né dibattimento, quindi consumato “inaudita altera parte” – sono i direttori responsabili de “Il Quotidiano della Calabria” e della “Gazzetta del Sud”, Emanuele Giacoia e Alessandro Notarstefano, il direttore responsabile pro tempore di “Calabria Ora”, Piero Sansonetti, i giornalisti de “Il Quotidiano della Calabria” Pietro Comito, Stefania Papaleo e Gianluca Prestia e i giornalisti di Gazzetta del Sud, Nicola Lopreiato e Marialucia Conistabile.
La richiesta di emissione del decreto penale di condanna è stata depositata dal pm Rocco Alfano il 16 settembre del 2013 e trae origine da una comunicazione di notizia di reato formulata dal Ros di Catanzaro il 7 gennaio 2013, che segnalò gli articoli pubblicati nei giorni precedenti.
Secondo il Ros e la Procura (che condussero l’inchiesta poi naufragata sulle toghe di Catanzaro oggetto degli articoli), prima, e il gip di Salerno, poi, le notizie non potevano essere pubblicate «perché non si erano ancora concluse le indagini preliminari di quel procedimento con eventuale deposito di avviso di conclusione delle indagini o di richiesta di rinvio a giudizio».
In pratica, se il principio seguito dai magistrati di Salerno contro i nove giornalisti fosse corretto, non si potrebbero pubblicare sugli organi di stampa notizie su inchieste giudiziarie o operazioni di polizia giudiziaria, relative ad avvisi di garanzia, ordinanze cautelari personali o reali, pronunciamenti del Tribunale del Riesame o della Suprema Corte nella fase cautelare, fino alla conclusione delle indagini preliminari. Un principio che, pertanto, vedrebbe i giornalisti italiani esposti ad un’ondata di decreti penali di condanna, a sanzioni detentive e pecuniarie, con un evidente limitazione della libertà di stampa e del diritto dei cittadini ad essere informati.
Ordine e Sindacato Giornalisti della Calabria: “Se questo principio diventasse giurisprudenza, addio libertà di stampa”
Unanime il giudizio di Ordine e Sindacato dei giornalisti della Calabria che sottolineano come, “se questo principio dovesse fare giurisprudenza, i giornalisti italiani sarebbero esposti ad un’ondata di decreti penali di condanna, con pedisseque sanzioni detentive e pecuniarie, con una evidente limitazione della libertà di stampa e del diritto dei cittadini ad essere informati”.
Carlo Parisi (Fnsi): “Ecco perchè bisogna riformare la legge sulla stampa”
A giudizio del vicesegretario nazionale della Fnsi, Carlo Parisi, inoltre, “la vicenda conferma ancora una volta la necessità di riformare con urgenza la legge sulla stampa e, con essa, le norme del codice penale che impediscono il normale svolgimento dell’attività giornalistica, quindi il diritto dei cittadini ad essere informati”.
Il Cdr de “Il Quotidiano”: “Pubblicate informazioni che non erano più segrete”