ROMA – La ricetta dell’informazione del futuro? Quella “di qualità”, destinata al pubblico più sofisticato e più esigente della “knowledge audience”, con l’obiettivo di fornire una specie di guida attraverso la quantità di fatti che, giornalmente, accadono.
Parola di Arthur Ochs Sulzberger, editore del New York Times, che, a dispetto dei venti di crisi che soffiano contro l’industria editoriale, vede interessanti prospettive di sviluppo dei media, al punto da auto-collocarsi fra gli “ottimisti senza aggettivi”.
In un mondo che è contrassegnato da rapidi mutamenti tecnologici e da distanze sempre più ridotte in termini di spazio e di tempo, gli organi d’informazione hanno a disposizione una sola carta per competere: l’intelligenza di analisi dei giornalisti. Inutile immaginare di correre più velocemente delle macchine: si finirebbe per farcire gli articoli con una quantità di errori, anche d’ortografia. Così come sarebbe velleitario affidarsi alla possibilità di elaborare uno scoop in anteprima. Può accadere ma è l’eccezione e non la regola.
Il giornalismo può mostrare la sua efficacia se consente di comprendere il mondo. Non una sequenza di fatti slegati fra loro ma un unico filo conduttore che li raccolga e li tenga insieme. Ma – si domanda Sulzberger – le elezioni in Usa, il confitto siriano, l’emigrazione che sembra incontrollata, gli avvenimenti in Turchia sono episodi da trattare separatamente? O si tratta del mondo in movimento al quale attribuire significato ma nell’insieme e non nei dettagli? Lì – secondo l’editore del New York Times – si misura la capacità di lettura del giornalista. Per come il giornalista è in grado di comprendere lui e, quindi, di trasferire la sua conoscenza al pubblico, l’informazione ha successo.
L’intervento di Arthur Ochs Sulzberger è stato pronunciato a Berlino, in occasione dell’assemblea degli editori anglo-sassoni.
Quanto a “dove” collocare il lavoro dei giornalisti, non occorre immaginare la carta piuttosto che l’antenna televisiva. Non soltanto perlomeno. Le redazioni, secondo il suo progetto, dovrebbero essere una specie di piattaforma in grado di fornire “prodotti”, utili a essere stampati ma, contemporaneamente, proposti per radio e tv e diffusi sui canali web. Un vero e proprio “medium” multifunzionale e multiuso, capace di “toccare” tutti i canali d’informazione disponibili e, quindi, d’intercettare le varie tipologie di cliente. “Noi, i nostri lettori, spettatori, internauti, li dobbiamo seguire ma, se possibile, cercare di precederli”.
La casa editrice del New York Times è impegnata in un progetto di espansione. Ancora negli anni Ottanta il giornale era l’organo d’informazione più accreditato della costa occidentale. Troppo poco, in un contesto di globalizzazione. Il quotidiano si è allargato con una diffusione più nazionale. Ora, con l’acquisizione del Herald Tribune, si trova a disposizione una base operativa a Londra ed è alla ricerca di partner per rafforzare la propria presenza nell’area inglese europea e in Asia. Tutto questo mentre il sito web assicura una presenza a livello globale, comparendo sui motori di ricerca al primo posto rispetto alle altre case editrici.
Internet è il futuro e comporta una sfida. Il New York Times punta a uno sfruttamento consapevole delle non abbondanti risorse pubblicitarie della Rete: con l’obbligo di registrazione per tutti gli utenti web, la casa editrice raccoglie dati che permettono agli inserzionisti pubblicitari di raggiungere i target desiderati in modo relativamente preciso.
Nel contempo, la vendita del New York Times nei Coffee-shop di Starbucks (società con la quale è stato stipulato un accordo di collaborazione) si sta affermando con buoni risultati quale nuova via di distribuzione del giornale in versione cartacea.
Lorenzo Del Boca
Il giornalismo deve partire dalla strada, deve rendere il semplice lettore protagonista del giornale stesso integrandolo con interviste e servizi. Sentendo la sua opinione su un determinato argomento…