CATANIA – Il giudice della I Sezione del Tribunale di Catania, Giuseppina Montuori, ha condannato a tre anni e quattro mesi di carcere il direttore del periodico di Paternò (Catania) La Gazzetta Rossazzurra, Vincenzo Anicito, 41 anni, catanese, giornalista pubblicista dal 1999, imputato di estorsione nei confronti di una collaboratrice del suo giornale.
Secondo quanto ritenuto dal giudice, Anicito – che per gli stessi fatti è stato radiato dall’Albo professionale, su decisione del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia – avrebbe costretto la giovane aspirante pubblicista a pagarsi da sé le retribuzioni e la ritenuta di acconto, elementi questi indispensabili per ottenere l’iscrizione all’Ordine.
La giovane, di fronte al successivo rifiuto di Anicito di rilasciarle la documentazione necessaria per iscriversi, si era trasformata in detective, raccogliendo gli elementi, compresi le ricevute bancarie e gli sms scambiati con l’imputato, e consegnandoli poi all’Ordine, che, oltre ad avviare un procedimento contro Anicito, aveva anche segnalato il caso alla magistratura, costituendosi poi parte civile nel processo, con l’assistenza dell’avvocato Angelo Patané.
Il Gup ha condannato Anicito anche a risarcire i danni alla collaboratrice, assistita dall’avvocato Isabella Altana, e che dovrà avere 20 mila euro, e all’Ordine, che ne avrà 10 mila. L’imputato, che ha ottenuto le attenuanti generiche, è stato anche interdetto dai pubblici uffici per cinque anni.
L’Ordine aveva, comunque, iscritto tra i pubblicisti la ex collaboratrice della Gazzetta Rossazzurra, sostituendosi – così come prescritto dalla legge – al direttore che, senza giustificato motivo, non aveva firmato la certificazione.
“La sentenza del Tribunale di Catania – afferma l’Ordine dei giornalisti di Sicilia – che ha riconosciuto l’estorsione messa a segno dal direttore di un periodico di Paternò (condannato a ben 3 anni e 4 mesi, per avere costretto una collaboratrice a «pagarsi da sé», allo scopo di ottenere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti), riconosce la bontà del lavoro del Consiglio dell’Ordine di Sicilia, che da anni si oppone ai ricatti imposti ai giovani aspiranti giornalisti”.
“Esiste infatti – denuncia l’Odg siciliano – un vero e proprio sistema, che costringe chi vuole far parte dell’elenco dei pubblicisti a lavorare gratis e a sottostare a condizioni illecite, facendo finta di essere stato retribuito. Da anni chiediamo a chi vuole iscriversi all’Ordine di cui fecero parte De Mauro, Spampinato, Francese, Fava, e in cui furono iscritti alla memoria Cristina, Impastato, Rostagno e Alfano, a non cedere e a segnalare i disonesti che, dopo averli sfruttati, impongono loro di non dire la verità, costringendoli a comportarsi allo stesso modo dei commercianti che negano di avere pagato il pizzo”.
Il Consiglio dell’Odg di Sicilia ricorda di non aver “mai chiuso la porta a chi cerca di spezzare gli anelli della catena di questo sistema delinquenziale: la giovane collega che ha avuto il coraggio di denunciare è stata infatti iscritta, così come esplicitamente previsto dalla legge. La sentenza di oggi ci spinge a dire che, nonostante lo scetticismo di persone in buona fede e il vero e proprio boicottaggio di chi invece ci ha consapevolmente osteggiati, spesso abbiamo visto giusto. E ci convince a insistere su questa strada”.
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