STRASBURGO (Francia) – La Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Azerbaijan per trattamenti inumani e degradanti e mancanza di indagini effettive nel caso di Hilal Mammadov (no. 81553/12), giornalista maltrattato dalla polizia durante la detenzione in attesa di giudizio.
Il 21 giugno 2012 Mammadov, direttore del giornale bilingue in azero e taliscio Tolishi Sado (La voce dei talisci), venne attaccato da poliziotti in borghese, che secondo il suo racconto lo pestarono, gli infilarono in tasca della droga, quindi lo infilarono in un’auto, insultandolo per le sue origini etniche e per un video che aveva caricato su Youtube. Mammadov si rese conto di essere stato preso in custodia dalle forze dell’ordine solo quando si ritrovò al dipartimento narcotici del ministero dell’Interno, dove venne arrestato per possesso di droga.
Nonostante avesse dichiarato che la droga non gli appartenesse, Mammadov venne accusato di possesso illegale di grandi quantità di sostanze stupefacenti, oltre che di tradimento dello stato e di incitamento all’odio etnico, razziale, sociale o religioso, e venne messo in detenzione in attesa di giudizio.
I suoi ricorsi contro la detenzione preventiva vennero rigettati. Il 27 settembre 2013 venne condannato per tutti i capi d’imputazione a cinque anni di carcere, sentenza confermata in appello nel giugno 2014. Mammadov denunciò alle autorità investigative di essere stato maltrattato dalla polizia, ma nell’agosto 2012 e di nuovo nel novembre 2012 il vice procuratore generale rifiutò di aprire un’indagine sul caso. A Mammadov venne inoltre impedito di parlare in prigione con il suo legale, al quale venne sospesa la licenza d’avvocato.
Nel caso di Mammadov, la Corte di Strasburgo ha riconosciuto la violazione degli articoli 3 (trattamenti inumani e degradanti, e diritto ad un’indagine) e 34 (diritto ad un ricorso individuale). Il governo di Baku dovrà pagare a Mammadov 15.500 euro per danni morali e spese legali. La sentenza di Strasburgo non è definitiva; il governo azero può richiederne una revisione presso la Gran Camera della Corte entro tre mesi.
Intanto Mammadov resta in carcere, nella prigione numero 17 di Baku. Secondo Human Rights Freedoms, Mammadov era stato coinvolto in attività a difesa dei diritti umani e aveva dato voce ad opinioni critiche, tanto sulla carta stampata quando sulle reti sociali, riguardo alle politiche delle autorità di governo. Amnesty International l’ha riconosciuto come uno dei tanti prigionieri di coscienza in Azerbaijan. Appelli per il suo rilascio sono venuti dal rappresentante dell’Osce per la libertà dei media e dal rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa. (OBC)
Mammadov è in carcere dal 2012. Strasburgo: trattamenti inumani e niente indagini