PERUGIA – «Come sempre il Festival cerca di coprire tutti i temi centrali della discussione in atto sia a livello di attualità che di riflessione sul giornalismo. Quindi dalle fake news alla verifica delle notizie e alla alfabetizzazione all’informazione, dal potere delle piattaforme Facebook, Google, Twitter e la loro inevitabile relazione con i media e il giornalismo». Arianna Ciccone, co-fondatrice e direttrice del Festival internazionale di giornalismo che si svolgerà a Perugia dal 5 al 9 aprile, illustra all’Agi il filo conduttore della rassegna.
«Al centro delle nostre discussioni – spiega Ciccone – ci saranno l’America di Trump, la Turchia di Erdogan, la Siria, lo Yemen, l’Isis e il terrorismo, la crisi del capitalismo e delle democrazie».
Tra gli eventi più significativi, Ciccone segnala “i 4 #ijfTALK”, brevi interventi con domande e risposte da parte del pubblico in sala o sui social. Mai come quest’anno – sottolinea Ciccone – ci sono personalità molto diverse tra di loro e toccheranno temi centrali di questi ultimi mesi: Trump e la sfida al giornalismo, tenuto da Cameron Barr del Washington Post; Facebook e i segreti del News Feed, Adam Mosseri e Jeff Jarvis; dalla Siria, Zaina Heraim, che porterà la sua testimonianza di giornalista e attivista; la figura del whistleblower e l’importanza dei lead, Evan Greer a capo di una imponente campagna e mobilitazione che ha visto insieme giornalisti, attivisti, avvocati per liberare Chelsea Manning. Alcuni appuntamenti – prosegue Ciccone – mi preme poi segnalare in modo particolare: l’incontro con i genitori di Giulio Regeni e l’anteprima del docufilm firmato da Carlo Bonini e Giuliano Foschini: “Nove giorni al Cairo: tortura e omicidio di Giulio Regeni”. E poi l’omaggio ai 20 anni di Report e al giornalismo di inchiesta con Milena Gabanelli e Bernardo Iovene». Ma sono tantissime le persone che interverranno e gli argomenti che verranno trattati.
«Nei cinque giorni del Festival, ci saranno anche i contributi di Marco Pratellesi, condirettore di Agi, che affronterà, sempre relativamente alla vicenda Regeni, il tema della collaborazione tra giornalisti e hacker nel giornalismo d’inchiesta”.
«In 11 anni di Festival – aggiunge Ciccone – abbiamo visto il cambiamento radicale dalla carta al digitale inteso come cambiamento e rivoluzione culturale, non (solo) tecnologica, sotto i nostri occhi. Cambiava il giornalismo, profondamente in maniera strutturale, sistemica e cambiava ovviamente il festival e i suoi protagonisti. È stato incredibile, spaventoso ed entusiasmante al tempo stesso. Il giornalismo non era più una lezione calata dall’alto, ma una conversazione che richiedeva sempre più apertura, umiltà da parte dei professionisti e partecipazione e coinvolgimento da parte dei cittadini. Di certo quello che non è cambiato per il Festival (http://www.festivaldelgiornalismo.com) è la sua apertura al mondo, l’accesso libero e gratuito per tutti, la voglia di partecipare e di contribuire da parte di esperti e non solo provenienti da tutto il mondo. Lo spirito del festival è nelle stesse dinamiche virtuose del web: voglia di condividere saperi, conoscenze, la generosità di mettere a disposizione le proprie competenze e confrontarsi senza barriere, senza muri, senza cattedre».
Quanto al dibattito su fake news e post verità la Ciccone osserva: «Credo che sia un dibattito falsato. Se avesse vinto Clinton non credo che staremmo qui a parlare di ‘fake news”. Penso che queste siano la spia di un problema molto più profondo che attiene alla società nella sua complessità e al nostro modo di ricevere, selezionare e assorbire informazione. Questo fa presupporre che veniamo da un’epoca di verità. Faccio fatica a vedere epoche dove la verità regnava sovrana. Ricordo che Nixon fu rieletto in pieno scandalo Watergate e ricordo la guerra in Iraq scatenata sulla base di notizie e dichiarazioni risultate poi false di giornalisti e politici. Le armi di distruzione di massa non sono mai state trovate».
Circa la crisi occupazionale del settore, secondo Ciccone «bisogna fare esperienza all’estero. Leggere, studiare moltissimo. Usare i social per imparare, aprirsi al mondo, migliorare le proprie competenze ed esprimere loro talento e passione. Le scuole sono riservate a chi può permettersele». (agi)