Isabel Oakeshott “tradisce” l’ex ministro inglese della Salute svelando i messaggi sul Covid

Giornalismo e limiti del patto di riservatezza

Isabel Oakeshott

ROMA – Se si hanno in mano documenti –  decine di migliaia di messaggi che hanno avuto come oggetto la strategia anti-Covid – che possono fare luce su una delle fasi più controverse del recente passato della Gran Bretagna, ma che ti sono stati dati senza l’autorizzazione a renderli noti, cosa deve prevalere: il rispetto del patto di riservatezza con l’uomo politico che, dandoti i messaggi, lo ha fatto in virtù di un rapporto di fiducia, o l’interesse generale di fare conoscere a tutti quel che è realmente accaduto quando il Regno Unito – come del resto gran parte dei Paesi del mondo – contava quotidianamente morti a decine?

Diego Minuti

Il dibattito è aperto in Gran Bretagna dopo che la giornalista e scrittrice Isabel Oakeshott ha consegnato al quotidiano Daily Telegraph (tradizionalmente vicino ai conservatori) più di 100.000 messaggi, datigli in via riservata dall’ex ministro della Salute, Matt Hancock (con il quale stava scrivendo un libro sulla pandemia) e, alle proteste di quest’ultimo, ha risposto di avere agito «nell’interesse nazionale».
Il punto della querelle è solo apparentemente legato alla diversa interpretazione del rapporto di fiducia che tradizionalmente lega un personaggio che ha deciso di affidare ad un libro le sue ragioni o punti di vista, quando non rivelazioni, e la persona cui ha delegato il compito di raccogliere, ordinare, rendere interessante dal punto di vista giornalistico o saggistico il materiale.

Matthew Hancock

Ruoli nei quali si ritrovano appunto Matt Hancock e Isabel Oakeshott che, all’accusa di avere stracciato il patto di riservatezza, ha risposto in modo chiaro, quasi sprezzante: «Il più grande tradimento è dell’intero Paese. Per quanto possa essere difficile da credere per lui, non si tratta di Matt Hancock, o addirittura di qualsiasi altro singolo politico. Né si tratta di me». Ma, al di la del fatto che se per Hancok «pacta servanda sunt», l’ex ministro (che mai ha negato di essere contrario alle rigide misure di contenimento del virus), dalla lettura dei messaggi “trafugatigli”, sembra  essere convinto che quarantene e confinamenti non erano affatto necessari.
Oakeshott, quindi, non solo non intende scusarsi per avere consegnato ad un quotidiano messaggi che avrebbero dovuto restare riservati, quanto ha rivendicato il suo gesto come un atto al quale non poteva sottrarsi, visto il contesto sociale (il numero di morti per Covid in Gran Bretagna è ancora un fatto che sconvolge la gente), prima ancora che sanitario in cui è maturato.
Le parole con le quali la scrittrice ha rivendicato quel che ha fatto sono chiarissime («Siamo rimasti tutti delusi dalla risposta alla pandemia e dai ripetuti blocchi inutili. I bambini, in particolare, hanno pagato un prezzo terribile»), anche perché raccontano in modo spietato il clima che, nei giorni della strage da contagio, si respirava nel Paese, in cui chi dissentiva era messo all’indice: «Chiunque abbia messo in dubbio un approccio che ora sappiamo essere fatalmente imperfetto è stato completamente diffamato; inclusi esperti di salute pubblica, medici e scienziati molto rispettati ed eminenti. Quindi, lungi dall’essere protetto, il NHS (il Servizio sanitari nazionale britannico, ndr) potrebbe non riprendersi mai, come stanno emicrania diariesscoprendo milioni di pazienti condannati a liste d’attesa di un anno. Nel frattempo, l’economia è in mille pezzi».
La questione, quindi, è molto delicata e in Gran Bretagna viene seguita con attenzione, acuendo la distanza non tra i fautori della strategia “zero-Covid” e i contrari, ma tra chi ritiene che l’interesse generale deve sempre e comunque prevalere, pure se rischia di rendere più difficile il lavoro di chi deve fare chiarezza sull’accaduto e quindi verificare se quel che è stato fatto era realmente necessario. Da due anni c’è una inchiesta che va avanti, e ora dovrà farlo in un contesto in cui, disvelando parti del dibattito interno alle Istituzioni, tutto potrebbe essere più complicato.

Isabel Oakeshott

Una eventualità che non sfiora nemmeno Isabel Oakeshott, secondo cui «la denuncia del Telegraph è chiaramente nell’interesse pubblico. Lo sfogo di sostegno che io e il giornale abbiamo avuto da persone comuni che hanno sofferto – e stanno ancora soffrendo – le conseguenze degli errori che stiamo denunciando mostra quanto la nazione voglia disperatamente risposte».
Che il materiale sia interessante è scontato, ma il fatto che ora il Daily Telegraph guardi «dal buco della serratura» tra le carte che andavano, telematicamente, da un ufficio all’altro, qualche perplessità la sta generando. E poco ha importato al quotidiano (che fa il suo mestiere e, aggiungiamo, anche bene, respingendo ogni obiezione, quale che sia la forma con cui essa viene avanzata) che tra i messaggi ce ne siano anche alcuni che raccontano le preoccupazioni di Boris Johnson di potere essere accusato di avere agito con troppa foga, e quindi intempestivamente, nel dichiarare un secondo blocco nell’inverno 2020, con i decessi da Covid aumentati vertiginosamente, nonostante il fatto che il modello di uno scienziato britannico mostrava che il numero di morti poteva essere sbagliato.
In altri messaggi, che mostrano le discussioni del governo sulla politica Covid durante la pandemia, due dei consiglieri per i media di Johnson, Lee Cain e James Slack, nel giugno 2020 hanno messo in guardia contro una revoca anticipata di alcune restrizioni perché potenzialmente «troppo avanti rispetto all’opinione pubblica».
Le parole di Oakeshott sono arrivate dopo che Hancock ha parlato, senza giri di parole, di un «massiccio tradimento e violazione della fiducia», ma si è anche dovuto scusare con chi, tra coloro che hanno lavorato con lui durante la pandemia, è stato coinvolto su malgrado nella pubblicazione della corrispondenza. (giornalistitalia.it)

Diego Minuti

 

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