MILANO – È scaturita da una denuncia del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Alessandro Galimberti, presentata due anni fa alla Procura di Milano, l’inchiesta che ha portato oggi al sequestro di 545 canali di messaggistica Telegram, utilizzati per diffondere abusivamente quotidiani e riviste dei principali gruppi editoriali italiani, palinsesti televisivi, serie tv e contenuti d’intrattenimento a pagamento.
I finanzieri del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi tecnologiche della Guardia di Finanza di Roma, coordinati dal procuratore aggiunto di Milano Eugenio Fusco e dal pm Carlo Scalas, nell’eseguire il decreto di sequestro hanno, inoltre, proceduto a perquisizioni personali, informatiche e locali nei confronti di 8 persone residenti in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Campania, gravemente indiziate di essere gli amministratori dei canali social che hanno posto in essere reati di diffusione, attraverso reti telematiche, di prodotti editoriali protetti dal diritto d’autore, in concorso tra di loro.
Le investigazioni, coordinate dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Milano, sono scaturite, dunque, dalla denuncia dell’allora presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, con la quale era stata segnalata l’illegale diffusione online di copie di quotidiani e riviste di rilievo nazionale.
Gli approfondimenti, svolti dagli specialisti delle Fiamme Gialle, hanno condotto all’individuazione di una rete illegale molto più ampia rispetto a quella prefigurata in denuncia, consentendo di smascherare un consolidato sistema di condivisione e diffusione non autorizzata non soltanto di quotidiani e riviste pubblicati dai principali gruppi editoriali italiani, ma anche di palinsesti televisivi, serie TV ed altri contenuti d’intrattenimento a pagamento distribuiti via internet dalle maggiori piattaforme di streaming.
Per la ricostruzione del modus operandi e, in particolare, per giungere all’individuazione dei soggetti ritenuti essere coinvolti nella commissione degli illeciti, i militari del Nucleo Speciale hanno fatto ricorso ai più innovativi metodi di indagine. L’analisi delle informazioni acquisite ha permesso di risalire ai responsabili che si schermavano dietro alias e nomi di fantasia.
Il sistema illecito scoperto, che ha consentito ad oltre 430mila utenti iscritti ai canali Telegram il completo accesso – senza alcuna forma di abbonamento o pagamento — a contenuti editoriali tutelati dal diritto d’autore, ha assicurato agli indagati una contropartita economica illecita, realizzata attraverso due distinti meccanismi di remunerazione, consistiti nella cosiddetta “affiliazione”, ovvero nella pubblicazione, sui canali sequestrati, di link rinvianti a siti di commercio elettronico, che restituivano agli organizzatori una percentuale sugli acquisti conclusi attraverso l’utilizzo dei collegamenti ipertestuali pubblicati; “sponsorizzazione”, e cioè nella pubblicazione di appositi banner pubblicitari sui canali illeciti, dietro pagamento di un corrispettivo.
Le investigazioni, eseguite dal Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche, a contrasto della pirateria digitale, si inquadrano nelle attività che la Guardia di Finanza pone quotidianamente in essere in tale settore accanto a quello della “pirateria fisica”. La violazione dei diritti di proprietà intellettuale costituisce, infatti, un’attività illecita estremamente lucrativa per le organizzazioni criminali e genera notevoli danni per l’economia legale.
La Guardia di Finanza evidenzia che il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna. Difficile da quantificare il danno subito dai gruppi finiti nel mirino: una volta scaricati i giornali o le serie tv potevano essere inviate ad altri moltiplicando in modo esponenziale la perdita per gli editori. (giornalistitalia.it)