PALERMO – Gli editori del Giornale di Sicilia proseguono la loro opera di smantellamento del quotidiano più importante dell’isola (dopo aver cacciato 15 articoli 2 e 12 sono pronti a fare altrettanto con 17 articoli 1 su 34, licenziandoli o utilizzandoli a mezzo servizio e a metà stipendio) ergendosi a paladini della legge, del diritto del lavoro, dei diritti dei freelance e addirittura della legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti. Sì, addirittura della legge 3 febbraio 1963 della quale, a voler essere generosi, hanno ormai uno sbiadito ricordo considerato che dimenticano (o ignorano) che l’Ordine dei giornalisti non ha gli “albi” dei professionisti e dei pubblicisti, ma l’Albo unico con i rispettivi elenchi. E non è un dettaglio quando si evoca “l’informazione di qualità” e si sale in cattedra per bacchettare i propri lavoratori che, con professionalità e sacrificio, hanno contribuito a garantire al giornale utili e autorevolezza in 160 anni di storia della Sicilia e del Paese.
L’Editoriale Poligrafica Siciliana (Antonio Ardizzone presidente e socio di minoranza e Lino Morgante socio di maggioranza, amministratore delegato e direttore editoriale) dal 2017 è controllata dalla holding Società Editrice Siciliana (presidente e amministratore delegato Lino Morgante), la società editrice della Gazzetta del Sud di Messina.
Dal 2017 Lino Morgante è, inoltre, componente del consiglio direttivo della Fieg, la Federazione italiana editori giornali, quale presidente della categoria “Quotidiani provinciali”. Ci riferiamo allo stesso Morgante che il 29 ottobre scorso, ovvero due giorni dopo la proclamazione dello sciopero immediato al Giornale di Sicilia contro le procedure per la cassa integrazione a zero ore (propedeutica al piano dei licenziamenti) avviate alla Regione Siciliana, ha incontrato, nella qualità di “delegato alle relazioni sindacali della Fieg”, il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, il quale, al termine dell’incontro con Morgante, ha dichiarato che «la disponibilità manifestata dagli editori della Fieg di riprendere il confronto per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico va accolta e verificata nei fatti».
La domanda sorge spontanea: quale “confronto” è possibile con il “delegato alle relazioni sindacali della Fieg” che, in risposta al comunicato sindacale del Comitato di redazione del Giornale di Sicilia – che pubblichiamo in calce –, oggi dalle colonne del quotidiano palermitano afferma: «Ancora una volta registriamo prese di posizione strumentali e pretestuose da parte del comitato di redazione. Il riferimento ai collaboratori esterni è capzioso. L’utilizzo di questi giornalisti – regolarmente iscritti all’Ordine e regolarmente pagati ad articolo – è da sempre comune a ogni testata, nessuna esclusa, a supporto della produzione quotidiana delle notizie, garantita oltre che dai cronisti contrattualizzati, anche dalle agenzie di stampa. O si dovrebbe per caso rinunciare anche a queste ultime? Seguendo la logica del regolamento del Cd, non dovrebbero esistere giornalisti free lance. Si dovrebbe quindi, per assurdo, chiedere all’Ordine di cancellare dai propri albi tutti quei giornalisti – professionisti o pubblicisti – che non hanno la fortuna di avere un contratto di dipendenza con un’azienda editoriale. Riguardo all’ennesima menzogna sugli editori che sfuggono al confronto e “vanno avanti”, ci tocca ribadire ancora una volta un concetto oggettivo: abbiamo chiesto – seguendo pedissequamente le regolari procedure di legge, cui non intendiamo rinunciare – la convocazione di un tavolo all’assessorato regionale al Lavoro. Al quale la rappresentanza sindacale siederà insieme con gli editori e nel quale dunque ogni dialogo e confronto potrà essere condotto fra le parti».
Affermazioni che non hanno bisogno di commenti. All’Ordine dei giornalisti, però, il compito di spiegare bene a Morgante i fondamenti della legge istitutiva dell’Ordine e gli elementari principi deontologici che ne derivano, al Cdr e al sindacato il dovere di fargli capire – senza se e senza ma – che le collaborazioni fisse, soprattutto nei servizi di cronaca, non sono prestazioni occasionali o collaborazioni coordinate e continuative in regime di autonomia. Ma, soprattutto, che non si possono mettere in cassa integrazione o cacciare i dipendenti rimpiazzandoli, nel contempo, con pensionati o collaboratori precari pagati pochi euro a pezzo.
Tutto ciò – come pubblicato nei giorni scorsi da Giornalisti Italia – mentre la Giunta regionale, con un bando, decide di destinare 10 milioni di euro a fondo perduto alle aziende editoriali con sede legale in Sicilia. Bando che – ha denunciato Stampa Libera e Indipendente Sicilia –, «oltre a tagliare fuori molte testate giornalistiche che hanno una presenza capillare di cronisti sul territorio e producono informazione di qualità, è un regalo a chi continua a licenziare i giornalisti oltre a fare ricorso a contratti di solidarietà e cassa integrazione».
Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana, ne prenda atto. Contributi pubblici alle aziende sì, ma non come regalo per ripianare i debiti. Contributi pubblici sì, ma alle aziende che creano nuova occupazione e, soprattutto, non tagliano posti di lavoro sostituendoli con collaboratori esterni pagati con un piatto di lenticchie. (giornalistitalia.it)
Il Cdr del Giornale di Sicilia:
“Si progetta un giornale senza giornalisti”
Il piano di tagli non si discute e la Ses prosegue nella sua ipotesi di ridimensionamento del Giornale di Sicilia nonostante le dichiarazioni pubbliche di apertura al confronto e al dialogo con il sindacato, durante i due giorni di sciopero. Gli editori vanno avanti, incuranti del fatto che ipotizzare di fare a meno di 17 giornalisti su 34 (licenziandoli o utilizzandoli a mezzo servizio e a metà stipendio) significa assestare un colpo mortale a una testata con 160 anni di storia.
E mentre una quota significativa di giornalisti resta ogni giorno a casa per via dei contratti di solidarietà, la direzione continua a utilizzare i collaboratori per «coprire» servizi di cronaca. Mercoledì un collega pensionato è andato a Catanzaro per seguire la partita del Palermo: si preferisce utilizzare, pagandolo, un pensionato piuttosto che utilizzare un redattore messo forzatamente a riposo che – secondo i piani della società – rischia o il licenziamento o di guadagnare metà dello stipendio. A un altro collaboratore, invece che a un collega assunto, è stata affidata l’intervista al presidente Musumeci mentre il cronista parlamentare era a casa a scontare il suo turno di solidarietà. E così potremmo continuare con i servizi per l’emergenza Covid etc etc. Il troppo stroppia.
I colleghi collaboratori sono mal pagati, ma bravissimi ed efficienti. Andrebbero assunti perché di loro c’è bisogno, ogni giorno. Il loro lavoro lo dimostra, del resto. In questo momento, però, il loro utilizzo senza limiti è un modo per progettare un giornale senza i giornalisti assunti con regolare contratto. Aggirando un concetto chiave della legge sugli ammortizzatori sociali: se un’azienda dichiara di avere eccedenze di personale e ottiene aiuti per questo, deve fare a meno delle figure professionali di cui ha dichiarato l’esubero. Insomma, non può certo fare ricorso a lavoratori non contrattualizzati per sostituire dipendenti che stanno a casa perché posti in cassa integrazione o in solidarietà. È una violazione palese delle regole. Semmai, questo modus operandi dimostra una cosa soltanto: gli esuberi di personale sono finti, inesistenti all’atto pratico: perché il lavoro serve per confezionare il giornale che ogni giorno va nelle edicole.
Se si continuerà per questa strada – che è anche uno schiaffo per tutti coloro che in questo momento lottano per mantenere il posto di lavoro – il sindacato sarà costretto a chiamare un giudice a decidere se ciò che si sta facendo è un percorso legale, netto, trasparente, ammesso dalla legge. E la domanda che faremo sarà semplice: è un percorso lecito quello che porta da un lato all’allontanamento di professionisti dal posto di lavoro, dall’altro alla loro sostituzione con personale esterno e sottopagato?
Noi restiamo in allarme per questa dura vertenza, sulla quale registriamo con sollievo che l’attenzione dall’esterno per fortuna non si attenua. Abbiamo ricevuto moltissimi attestati di solidarietà non solo dal mondo dell’informazione ma anche da quello politico: c’è un filone trasversale di partiti – da Fratelli d’Italia ai grillini passando per Italia Viva e Claudio Fava –, dell’Ordine regionale dei giornalisti, di sindacati e associazioni di categoria che chiede di ancorare gli aiuti pubblici in arrivo da Stato e Regione alla salvaguardia dei livelli occupazionali. E, in estrema sintesi, di salvare il Giornale di Sicilia. Di questo siamo grati a tutti.
Il Cdr del Giornale di Sicilia
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