MILANO – Ci ha lasciati il 14 settembre 2013: esattamente 30 mesi fa, due anni e mezzo senza Giorgio Santerini, un’assenza che pesa sulla sua famiglia, sui suoi amici, su tutti i giornalisti italiani. Perché Giorgio è stato un Maestro per molti di noi, che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di avere le sue confidenze, ed è stato un grande sindacalista della nostra categoria: ha lavorato all’Avanti! e al Corriere della Sera, ha fondato Stampa Democratica insieme a Walter Tobagi e, dopo il suo assassinio, è stato per 12 anni Presidente dell’Associazione Lombarda Giornalisti e per 6 anni Segretario della Fnsi, a lui e alla sua squadra di Giunta si devono i migliori contratti nazionali di lavoro giornalistico dell’ultimo mezzo secolo.
Ho esitato prima di scrivere queste righe, poi mi sono convinto vedendo che su internet ci sono poche notizie su Giorgio Santerini: poco più dei suoi necrologi. Ma il ricordo di Giorgio vive ancora tra i suoi amici e colleghi e penso vada esteso a tutti, compresi quei giornalisti più giovani che forse non sanno nulla di lui e magari hanno un contratto di lavoro anche grazie alla sua opera.
Così ho selezionato dieci sue frasi, un “decalogo” che mi pare di grande attualità: le prime nove le ho tratte dal “Santerinario”, un lavoro certosino di Gabriele Eschenazi (che negli anni ’90 del Novecento era membro della Commissione Contratto Fnsi, si sedeva durante le riunioni accanto a Beppe Giulietti e prendeva attentamente appunti, da bravo cronista, in particolare su quel che diceva Giorgio), l’ultima è un mio contributo, un passaggio dell’ultimo documento politico sottoscritto da Giorgio Santerini e pubblicato il 29 agosto 2013, quindici giorni prima che ci lasciasse.
CHI SONO
“Non sono ottimista, cerco di non essere stupido.”
CHI SIAMO
“Siamo l’anello di un meccanismo molto complesso di una dura vicenda politica e sociale.”
SUL CONTRATTO
“Il contratto non è una roulette, però come alla roulette può uscire il rosso o il nero.”
SUGLI SCIOPERI
“Gli scioperi non possono essere pensati come una spallata in un duello rusticano.”
SUL LAVORO
“Vogliamo chiamarlo lavoro nero? Vogliamo chiamarlo lavoro grigio. Vogliamo chiamarlo lavoro grigio-nero?”
SULLE TELECOMUNICAZIONI
“C’è il telefono. Meucci ha inventato qualcosa che vive ancora.”
SUL CLIMA
“Siamo in una barca che sta in un mare in tempesta, e la tempesta non è casuale.”
SUL CALCIO
“Come dice Trapattoni i campionati non si vincono con la jella.”
SULLE TRADUZIONI
“Ad impossibilia nemo tenetur (ci dobbiamo arrangiare).”
SULLA POLITICA
“Oggi si rischia di ripetere, con l’ostracismo culturale nei confronti di Renzi, un errore simile a quello compiuto quasi un secolo fa dal gruppo dirigente del Partito Socialista che nel 1919 non volle l’accordo con i popolari di Don Sturzo: una scelta che ebbe allora come sua conseguenza quella di contribuire fortemente alla tragedia del fascismo” (ndr questa frase fu voluta da Giorgio, nell’estate 2013, all’interno di un documento intitolato “Perché non possiamo non dirci renziani” che io, lui e altri amici abbiamo sottoscritto, penso sia un suo testamento politico di cui gli sono grato).
Ciao Giorgio, grazie per tutto quello che hai fatto per tutti noi, e grazie perché sei, per sempre, il Maestro che ci indica la via da seguire.
Edmondo Rho