ROMA – Compie ottant’anni oggi Gianni Letta, il grande tessitore della politica italiana. Da trent’anni al fianco di Silvio Berlusconi che ha detto di lui “Gianni Letta è un dono di Dio all’Italia”. Il Cav, in effetti, non ha mai nascosto la sua profonda ammirazione per lo strettissimo e fidato consigliere.
Nato ad Avezzano il 15 aprile 1935, laureato in giurisprudenza, giornalista professionista iscritto all’Ordine del Lazio dal 1° marzo 1961, è stato corrispondente dall’Aquila della Rai, dell’Ansa e del Tempo. Nel 1958 Renato Angiolillo, il fondatore del quotidiano romano, lo chiamò a Roma aprendogli una carriera che lo portò, nel 1971, a essere nominato direttore amministrativo del quotidiano romano e, successivamente, amministratore delegato della “Società Editoriale Romana” e della “Tipografica Colonna”, editrice e stampatrice de Il Tempo. Il 16 agosto 1973, alla morte di Renato Angiolillo, Letta assunse anche la direzione del giornale diretto, per quasi 15 anni, fino alla fine del 1987. Nel 1982 è apparso nel film di Alberto Sordi “Io so che tu sai che io so” nella parte di se stesso.
Ha curato e condotto rubriche televisive, in particolare su Canale 5, Italia Domanda, un programma settimanale di dibattito politico-culturale. È stato per molti anni capo dell’ufficio stampa della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro e successivamente capo dell’ufficio studi e documentazione dell’Ente Palazzo della Civiltà del Lavoro.
Gianni Letta, zio dell’ex premier Enrico, è un abile tessitore di rapporti, che alla scena illuminata dai riflettori preferisce il ruolo di regista o di suggeritore: la sua arte diplomatica, riconosciuta anche dagli avversari, resta sovente nell’ombra, ma in due occasioni si è rivelata agli occhi del Paese: la prima volta, quando nella sala da pranzo della sua casa alla Camilluccia, mangiando la celeberrima crostata preparata dalla moglie, D’Alema e Berlusconi strinsero il famoso patto per le riforme istituzionali; la seconda, quando dal suo ufficio di palazzo Chigi, in un inconsueto via vai di 007 e giornalisti del Manifesto, condusse le trattative per la liberazione di Giuliana Sgrena, rapita dalla guerriglia irachena. Operazione che portò alla morte dell’agente Nicola Calipari.
Enfant prodige del giornalismo, Letta si è fatto le ossa al “Tempo” di Roma. Nel 1973, a soli 38 anni, fu scelto come direttore dagli eredi del fondatore del quotidiano Renato Angiolillo. Ci restò per quattordici anni, conducendo il giornale con mano ferma e modi cortesi, senza cambiare la collocazione cattolico-conservatrice della testata.
Nell’87 arrivò la chiamata di Berlusconi alla Fininvest: il Cavaliere lo volle al suo fianco in un ruolo di mediatore con il potere politico che si rivelò utilissimo negli ultimi anni della prima Repubblica. Ovvio che nel ’94, quando il cavaliere si presentò alle elezioni, Letta fosse ancora al suo fianco. L’unica condizione posta, quella di non essere candidato al Parlamento. Fedele al suo ruolo di colomba, di Letta non si ricorda una sola scenata: mai una polemica, mai un contrasto personale, mai un’intervista sopra le righe.
Rapporti sempre cordiali, sia con gli alleati, che spesso cerca di tenere a freno, sia con gli avversari. Eminenza grigia del governo, “dottor Sottile” del centrodestra, Richelieu o Mazzarino (nato come lui nell’Abruzzo marsicano) di Forza Italia, Letta è in realtà l’unico ambasciatore accreditato di Berlusconi, il suo unico alter ego autorizzato. Nel 2006 il leader di Forza Italia lo propose per la presidenza della Repubblica e quello di Letta figura sempre nei toto-nomi per il Quirinale. Stimato anche da Matteo Renzi è tra i fautori del patto del Nazareno sulle riforme. (Ansa)
Dal “Tempo” a Berlusconi: è stato il grande tessitore della politica italiana